mercoledì 8 gennaio 2014
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​​I politici di ogni schieramento nelle loro proposte e decisioni sulle droghe interpellino i competenti. Gli studi scientifici, già da qualche tempo, hanno dimostrato le conseguenze dannose per chi aveva fatto uso di cannabis. Solo l’ideologia radicale, cara ad alcuni politici, riconosce la validità del binomio fumo-innocuità.
Tra la solita disinvoltura dei mezzi di comunicazione si è diffusa la convinzione che le cosiddette canne siano inoffensive. «Fa più male l’alcol quando ci si sbronza», si dice, come se il problema fosse di scegliere il meno dannoso di due veleni, dimenticando il particolare, non proprio secondario, che entrambe le sostanze avvelenano l’esistenza umana.
Giovanni Battista Cassano, rinomato docente dell’Università di Pisa, denunciava che «Questa droga (la marijuana, ndr) agisce nelle stesse strutture del cervello interessate dalla cocaina e dalla morfina, e costituisce un gradino, sia per l’assunzione delle droghe “pesanti”, sia come attivatore di patologie psichiatriche […] di tipo paranoide […] o crisi di depersonalizzazione».
Nel 2002 una relazione ministeriale sulle tossicodipendenze in Italia ha confermato gli effetti dannosi del tetracannabinolo, il principio attivo presente nella cannabis. Esso provoca «Le paranoie, il risentimento, una sorta di vischiosità del pensiero, una subdola forma di depersonalizzazione, con ostilità e irritabilità non presenti nei tratti caratteristici del paziente […]».
L’anno successivo fu consegnato al Ministro della salute Girolamo Sirchia, un documento dal titolo “La cannabis non è una droga leggera”. Il documento preparato dal Consiglio superiore della Sanità denunciava da una parte la relazione esistente tra utilizzo di cannabis e disturbi mentali e dall’altra il silenzio dei mass media sulla pericolosità della sua fruizione. Credo proprio che valga il lavoro scientifico prodotto da parte di alcuni medici americani che sostengono che «l’impiego di cannabis è un fattore a rischio per una successiva assunzione di cocaina o di oppioidi».
In una lettera a un giovane consumatore di cannabis, il dottor Claudio Ferretti del servizio Asl di Modena scriveva: «Gli studi effettuati dimostrano che l’assunzione acuta di cannabis compromette la memoria recente, l’attenzione, la vigilanza, l’apprendimento verbale e altera l’orientamento nello spazio e nel tempo; questi effetti, possono compromettere il rendimento scolastico facilitando l’abbandono precoce della scuola». Quest’affermazione la direbbe lunga anche sullo scarso rendimento scolastico di tanti alunni. Lo scarso impegno scolastico è, infatti, una delle caratteristiche tipiche di chi consuma la canapa indiana. Oltretutto quanto si afferma è sostenuto da altre ricerche condotte anche a livello internazionale. Inoltre, uno studio del 2006 dimostra l’attinenza tra cannabis e indebolimento cognitivo.
Lo psicanalista Claudio Risè nel suo libro sulla cannabis “Come perdere la testa e a volte la vita”, afferma: «Penso che il silenzio sui danni di questa droga, che di leggero non ha niente, sia causato soprattutto dalla sua diffusione, ormai inarrestabile. Fa parte di una mentalità comune tollerare con un omertoso silenzio ciò che si ritiene un fenomeno di massa. Il male comune spesso diventa costume con il tacito assenso di molti. Il consumo di cannabis, in questi ultimi vent’anni, ha ricevuto il benestare di politici, giudici e persino dei genitori che son soliti dire che si tratta di “erba”, di droga paragonabile alla birra. Le conseguenze negative tuttavia risultanti dal consumo della cannabis, sono tante».
Con forza lo psicanalista Claudio Risè chiede di non chiamare più la cannabis droga leggera. La leggerezza fa pensare che sia poco pericolosa. Oggi gli spinelli sono geneticamente modificati e potenziati per avere effetti sempre più micidiali, e causano gravi danni cerebrali. Di cannabis, oggi, si può anche morire, dice lo psicanalista. La cannabis è una bomba per il cervello, specie per gli adolescenti in via di sviluppo. Dà problemi di memoria e concentrazione, provoca apatia e demotivazione, disturbi nella capacità di formulare idee e risolvere problemi. Causa ansia e depressione, allucinazioni, attacchi di panico e paranoia. E gravi malattie mentali, come psicosi e schizofrenia.
Questi dati scientifici sulla cannabis purtroppo non serviranno ai politici convinti che con la legalizzazione della sostanza toglieranno al narcotraffico l’illecito guadagno. Il prezzo da pagare sarà certamente in termini di qualità di salute mentale e di conseguenze di ordine sociale.​
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