domenica 17 agosto 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Quelli che in Asia, come in altre parti del mondo, hanno paura dei cristiani, quelli che li avversano, che tolgono loro i diritti fondamentali, a partire dalla libertà religiosa, quelli che li perseguitano in tutti i modi dovrebbero guardare le immagini della beatificazione dei 124 martiri coreani. Il centro di Seul gremito da un milione di persone. Una grande assemblea, ordinata e festante, tra grattacieli svettanti e megaschermi simbolo di quella modernità tecnologica di cui la Corea del Sud è - da alcuni anni - una delle punte più avanzate. Questa beatificazione presieduta dal Papa, al culmine del suo primo viaggio in Estremo Oriente, dice infatti - per usare le parole dell’arcivescovo di Seul, cardinale Andrew Yeom Soo-jung - che l’albero della Chiesa cattolica coreana, «cresciuto sul sangue dei martiri, si è dimostrato un buon esempio per la società del Paese asiatico, promuovendo la giustizia e i diritti umani». Ecco, il viaggio di Papa Francesco si sta muovendo proprio su tali coordinate e l’evento di ieri lo dimostra. "Non bisogna avere paura dei cristiani", è in pratica il messaggio che il Pontefice sta diffondendo a piene mani a ogni tappa della sua visita. E non bisogna averne paura perché dal Vangelo derivano sempre pace, unità e giustizia sociale. Cioè i fondamenti della democrazia e della convivenza tra i popoli, due sfide rispetto alle quali il gigantesco continente asiatico ancora fatica a trovare un equilibrio stabile.Di pace Bergoglio ha parlato il primo giorno (tornandovi venerdì con l’appello alla preghiera per la riunificazione della Corea), di giustizia sociale sono invece intessuti gli interventi del 15 agosto e di oggi. Ne emerge una lucida analisi dei danni prodotti dall’«idolatria del materialismo che soffoca i valori spirituali», dallo «spirito di sfrenata competizione che genera egoismo e conflitti», in definitiva da quei «modelli economici disumani» - largamente presenti anche in Estremo Oriente - che creano povertà e disoccupazione.Sono queste in fondo le derive di cui si dovrebbe davvero avere paura. In una terra in cui si combatte - a colpi di scoperte tecnologiche - la grande battaglia economica per il dominio dei mercati mondiali, chi rischia di restare schiacciato è la persona umana. Nella cultura dominante delle potenze emergenti (la Cina, l’India, ma non solo) la nuova pervasiva "fede" della produzione senza limiti, si innesta infatti su un sentimento religioso sganciato dal riferimento a un Dio che è persona e relazione e non di rado si ammanta di forme istituzionali tutt’altro che liberali e democratiche. Parlare di Cristo in questi scenari, come il Papa sta facendo in Corea, significa in definitiva schierarsi dalla parte dell’uomo e dei suoi diritti inalienabili. Sia quando questo uomo è povero e perseguitato apertamente (e il pensiero va, in questo momento, soprattutto all’Iraq e alla Siria), sia quando la persecuzione è più subdola, ma non meno insidiosa. Il vescovo di Daejeon, Lazzaro You Heung-sik, diceva venerdì che la via del martirio dei cristiani nelle società opulente nasce oggi dalla scelta della verità e dalla volontà di viverla concretamente, vincendo le molteplici tentazioni del materialismo. Affermando come alternativa praticabile l’umanesimo nato dall’antropologia cristiana. Su questo terreno, le parole del Pontefice offrono una rotta da seguire. Esse ricevono forza dall’esempio dei martiri di 200 anni fa, i quali - ha scritto Francesco in un tweet di ieri - ci insegnano come la vera ricchezza per un cristiano sia Gesù. Più dell’oro o delle materie prime di cui pure l’Asia è ricca, più dei beni spesso volatili delle Borse, più della vita stessa.E alla fine del discorso resta la grande domanda che, ha sottolineato il Pontefice, i nuovi beati di ieri pongono a tutti noi: «Essi ci provocano a domandarci se vi sia qualcosa per cui saremmo disposti a morire». Una domanda che spiega anche perché molti hanno ancora paura dei cristiani. Coloro che sono disposti a dare la vita per amore non possono non inquietare chi invece vuole un mondo diviso e segnato da timore, odio e ingiustizia. Eppure la visita papale in Corea sta portando come non mai in primo piano il volto autentico della Chiesa. I martiri di ieri, i fedeli ordinati e devoti di oggi, i giovani festanti incontrati venerdì annunciano insieme con il Papa, all’Asia e al mondo, che il Vangelo è «antidoto alla disperazione crescente» e principio di pace, unità e giustizia sociale. È la risposta alle logiche della paura.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: