mercoledì 11 gennaio 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Il vento delle liberalizzazioni soffia forte, quasi per recuperare in fretta sull’immobilismo degli ultimi anni. Ed entro certi limiti ciò è utile per contrastare la paura del nuovo che in ambito economico domina la società italiana. Però, ha osservato il Garante dell’Antitrust, occorre imparare dall’esperienza, valutare i costi delle riforme, contenerli ed eliminarli. Professioni, trasporti, farmacie, orario dei negozi, molte cose potrebbero essere movimentate dall’iniziativa individuale, lasciando che quasi tutto sia consentito: esercitare una professione a piacimento, aprire i negozi quando si vuole, comprese feste e domenica, vendere farmaci, guidare un taxi senza autorizzazioni speciali. I benefici sarebbe notevoli: svecchiamento del sistema, valorizzazione dell’iniziativa individuale, circolazione di beni e servizi per abbattere costi e prezzi. La tendenza liberalizzatrice miete consensi, ma incontra ostacoli quando dalla teoria si passa alle misure concrete, perché allora nascono obiezioni, non tutte corporative. Entrare e uscire dalle professioni come da porte girevoli elimina ogni controllo su attività che devono offrire garanzie a cittadini e lavoratori, nella cura dei loro interessi, della salute, nei tribunali. I conducenti di taxi contano sulla 'licenza' acquistata con fatica e che, con la liberalizzazione, perderebbe ogni valore materiale e di garanzia per il futuro. I piccoli commercianti temono che l’abolizione dei limiti di orario finirebbe con l’emarginarli, e non resisterebbero alle grandi reti di distribuzione: non avendo personale sufficiente, dovrebbero lavorare per tutta la settimana, la tensione liberista favorirebbe gli oligopoli camuffati. Chi si accosta a questa babele di posizioni resta frastornato, non sa distinguere le ragioni dai torti. Ma ciò non deve impedire di riflettere su problemi che riguardano la vita quotidiana, i ritmi personali, traguardi civili consolidati. Reagire alla riforme con il riflesso di chi non vuole cambiare è sbagliato; ma è errato anche cavalcare una ideologia che trascuri i loro costi, le conseguenze meno visibili. È in gioco quell’equilibrio tra economia, etica e umanità, che la Dottrina sociale della Chiesa richiama da sempre e Benedetto XVI ripropone con insistenza. La libera concorrenza non può essere regolata dal rapporto geometrico tra domanda e offerta come unico criterio sovrano, ma deve porsi il problema delle condizioni di quanti, piccoli imprenditori e commercianti, svolgono funzioni essenziali per il mercato e i consumatori. La liberalizzazione selvaggia porta al conflitto tra soggetti che sono diseguali nella sostanza prima che nella forma. Perché c’è chi dispone di personale che può – volente o nolente – essere impiegato per diversi giorni, ma altri sarebbero esclusi dalla concorrenza che si dice di voler tutelare dal momento che agiscono nell’ambito di una impresa familiare destinata, oltre certi limiti, al fallimento. Ne deriverebbe una sorta di massificazione del commercio che infine sarebbe esattamente il contrario della liberalizzazione.L’ideologia delle liberalizzazioni può provocare altre conseguenze a danno dei cittadini, e dell’armonia della vita civile. Rischia di incidere su quel riposo settimanale, e periodico, che scandisce il rapporto tra tempo libero e lavoro, tra tensione e serenità. Occorre fare attenzione alla strada che si intraprende, perché emarginare la domenica, riducendola a un giorno come gli altri, far governare i ritmi di lavoro da un turnover che riempie tutta la settimana, finirebbe con l’introdurre un elemento di disumanizzazione negativo per la società nel suo insieme. Il riposo non è un fatto puramente individuale, di cui fruire secondo le convenienze produttive, ha un aspetto comunitario e una dimensione spirituale importanti. Esso ha veramente senso se la collettività nel suo insieme si ferma, lascia che ciascuno scelga di coltivare anche in comunità la dimensione del sacro che, insieme ad altre, caratterizza la vita personale e collettiva. Si pone il problema quindi di evitare che una malcelata ideologia delle liberalizzazioni nasconda i prezzi che ne derivano, intacchi equilibri profondi che regolano la vita delle persone. Ogni riforma deve avere l’obiettivo di umanizzare il lavoro, favorire lo sviluppo della persona, evitare ogni regresso rispetto a traguardi raggiunti dal mondo del lavoro nella modernità.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: