giovedì 23 maggio 2013
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Ogni anno, per disposizione della legge 194/1978 sull’aborto, il ministro della Salute presenta al Parlamento una relazione «sull’attuazione della legge stessa e sui suoi effetti». Il  primo dato è la conta, la conta degli aborti, cioè la statistica dei morti. Il numero cala ma resta impressionante, altissimo; la maternità infranta, la maternità sconfitta resta una tragedia sociale. La maternità, sì, quella cui si riferisce la Costituzione quando dice di "proteggerla": non indica il bambino, non indica la donna, separatamente; indica figlio e madre insieme e tutt’uno. Immaginate, nell’arte, un dipinto o una scultura che si intitoli "maternità" e avrete l’icona del concetto abbracciato dalla Costituzione all’art. 31.La statistica ministeriale mette da ultimo qualche enfasi sul calo numerico dei figli abortiti. Ma l’insieme trasuda un durevole lutto. Il ritardo di pubblicazione sembra elaborarlo a distanza, ma la proiezione sul presente fa del rapporto, qualitativamente, un registro di morti a scrittura continua.Ma c’è anche una statistica della vita. C’è in Italia un rapporto annuale sulla maternità soccorsa, sulla vita salvata e sbocciata. Non si trova dentro le pagine del Ministero, nonostante le promesse e i programmi che l’art. 2 della legge 194 scrisse per «far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza», elencando con giudiziosa precisione i doveri di assistenza e persino gli «speciali interventi» di soccorso alla maternità difficile. Promesse disattese, programmi disertati. Si trova nella storia di un volontariato spontaneo di aiuto alla vita, che dai primi germogli degli anni 70 ha messo radici profonde e si è ramificato col tempo in centinaia di "Centri di Aiuto alla Vita" (Cav) in tutte le regioni d’Italia. Un fenomeno di solidarietà civile che ha tradotto il precetto sommo dell’art. 2 della Costituzione (quello sui diritti inviolabili dell’uomo e sui doveri inderogabili di solidarietà) nella concretezza dell’impegno quotidiano.Il rapporto "Cav 2013" rammenta la costante tendenza alla crescita dei Centri, che oggi hanno raggiunto il numero di 338. Negli ultimi vent’anni il numero delle donne assistite si è triplicato; fra quante hanno chiesto colloquio e confidenza nella difficoltà avendo in cuore un possibile proposito abortivo, l’80 per cento ha tenuto il bambino. I volontari operativi dei Cav sono oggi 10mila, i sostenitori 73mila. Di fronte a una diffusa cultura che presentava l’aborto come una scelta indifferente, e in fondo solitaria e impenetrabile pur dentro le sue occulte angosce, c’è stato, e c’è ancora, chi si prende cura della "maternità" con la passione del cuore, con l’ascolto, con l’abbraccio, con l’aiuto. Che non abbandona ma accoglie, che non si fa giudice ma fratello, che propone un soccorso umano e una presenza, un sostegno economico quando  necessario, che intreccia un legame che perdura oltre la vicenda dell’incontro.Nell’ultimo anno i Cav italiani hanno salvato 16mila bambini; ma si può dire anche che hanno salvato 16mila mamme dalla tragedia dell’aborto. Hanno salvato, per quella parte almeno, la promessa della Costituzione perché l’art. 31 non sia vaniloquio. È questo lo sguardo meditato sulla vita, affilato negli anni tristi che abbiamo traversato dopo il 1978, non paghi di sole giuste bandiere contro l’aborto e la legge d’aborto, ma coscienti del simultaneo dovere di intrecciare le mani ad aiutare la vita. Il "no all’aborto" è indissolubilmente il "sì alla vita".
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