lunedì 13 aprile 2015
Una Porta della misericordia, «dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza». Papa Francesco ha chiesto di aprire una porta affinché nessuno sia escluso dall’entrarvi. Una porta non simbolica ma reale attraverso la quale possano passare gli uomini di questo tempo ferito, corrotto e violento.
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Una Porta della misericordia, «dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza». Papa Francesco ha chiesto di aprire una porta affinché nessuno sia escluso dall’entrarvi. Una porta non simbolica ma reale attraverso la quale possano passare gli uomini di questo tempo ferito, corrotto e violento. La Bolla per l’indizione dell’Anno giubilare Misericordiae vultus consegnata ieri a rappresentanti delle Chiese dei cinque continenti non sigla solo un tratto personale, un pontificato e un percorso ecclesiale, ma spalanca l’orizzonte su un nuovo paradigma, sulla necessità universale di una civiltà fondata sulla cultura della misericordia. La Bolla emanata è un documento denso, una sintesi che assume quasi il carattere di una seconda esortazione per un aspetto, un "architrave" quasi dimenticato, ma che costituisce «un sentiero da seguire» in linea diretta con lo spirito del Concilio nel quale Francesco intende proseguire affidando «la vita della Chiesa, l’umanità intera e il cosmo immenso alla Signoria di Cristo». Perché «effonda la sua misericordia per una storia da costruire con l’impegno di tutti nel prossimo futuro», perché «gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà di Dio», perché «a tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia». Un strada, dunque, all’insegna della cultura dell’incontro, per una «Sposa di Cristo che preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore» e sappia condurre una "ostpolitik" della misericordia per la costruzione di quella "civiltà dell’amore" a cui guardava il beato Paolo VI.Del resto, come è stato osservato, se il messaggio della misericordia di Dio è tutt’altro che una teoria utopica, lontana dal mondo e dalla prassi, e non si limita a evocare solo sentimenti di compassione, comporta delle conseguenze per la vita di ogni cristiano, per la prassi pastorale della Chiesa e per il contributo che i credenti possono dare a una strutturazione umanamente degna, giusta e misericordiosa dell’ordine sociale. Papa Francesco si affida totalmente a Cristo che dice: «Ama il prossimo tuo come te stesso», «siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso», e ciò ha ampie conseguenze per l’etica cristiana, specialmente per l’etica sociale, per la formazione della vita cristiana attraverso opere di misericordia corporale e spirituale, alle quali nella Bolla si fa ampio e diretto riferimento citando san Giovanni della Croce: «Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore». È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio – spiega papa Bergoglio – che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il discorso sulla misericordia di Dio non è perciò un parlare retorico: mette in moto le mani e i cuori. Misericordia significa avere cuore per i poveri, gli emarginati, i sofferenti. Così come anche il richiamo continuo al perdono, e al perdono reciproco: «perdonatevi a vicenda» ha conseguenze non secondarie. L’amore dei nemici è forse la richiesta umana più difficile avanzata da Gesù, e tuttavia è nello stesso tempo uno dei comandamenti cristiani più centrali, affonda le sue radici nell’essenza più intima del mistero cristiano e rappresenta perciò la specificità del comportamento cristiano. Per i Padri della Chiesa era il distintivo della novità cristiana nei confronti sia dell’Antico Testamento sia della filosofia pagana. Non solo i singoli cristiani, ma la stessa Chiesa ha diverse volte fallito nel comandamento dell’amore verso i nemici. Ma alla domanda "dove andiamo a finire se rinunciamo all’uso della forza e perdoniamo?" se ne può contrapporre un’altra: dove andiamo a finire se non c’è più posto per la riconciliazione, se vogliamo ricambiare qualsiasi ingiustizia con una nuova ingiustizia in base al principio dello ius talionis, occhio per occhio dente per dente?Il problema dell’amore e del perdono è quanto mai attuale ed esige un cambiamento di mentalità, anche se il perdono dei nemici, nonostante sia un atto quasi sovrumano, è tuttavia anche atto quanto mai razionale.Con un gesto di riconciliazione si possono porre le basi di un nuovo inizio possibile, un futuro comune, una collaborazione in favore della giustizia e della pace. Anche l’amore dei nemici quindi non è un «credo quia absurdum», come diceva Freud, ma un «credo quia rationabile est». Significativo in questo senso è infine il riferimento della Bolla giubilare di Francesco alla valenza della misericordia nella fede ebraica e musulmana: entrambe infatti «la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio». Israele «per primo ha ricevuto questa rivelazione, che permane nella storia come inizio di una ricchezza incommensurabile da offrire all’intera umanità». Anche l’islam «tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani», anch’essi «credono che nessuno può limitare la misericordia divina». L’Anno della misericordia, è dunque in questa prospettiva anche uno strumento per «favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose» nel segno dell’apertura conciliare al dialogo, eliminando «ogni forma di chiusura e di disprezzo, ogni forma di violenza e di discriminazione». Davvero un coraggioso «segno dei tempi».
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