mercoledì 20 marzo 2013
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​La sorpresa che ha colto il mondo all’elezione di papa Francesco non impedisce al credente di scorgere la traiettoria di un piano logico e organico. Dalla Polonia alla Germania fino alla lontana Argentina i luoghi natali degli ultimi successori di Pietro sembrano delineare una geografia tracciata dallo Spirito di Dio. Nel 1978 la Polonia faceva parte della sfera d’influenza sovietica e il muro di Berlino divideva ancora l’Europa. Per motivi culturali prima ancora che religiosi e politici, Giovanni Paolo II sottolineò con forza l’unità del continente chiamato a respirare con i due polmoni, quello dell’Oriente e quello dell’Occidente. E contribuì in modo decisivo alla caduta del muro di Berlino nel 1989. Anche successivamente egli non mancò di richiamare l’Europa al suo compito storico di diffondere insieme la cultura e il Vangelo. Il Papa polacco, inoltre, aveva una sua visione anche per l’Italia. Dichiarava nel 1986 in un discorso pronunciato al Quirinale: l’Italia non ha una sua importanza solo per la Chiesa cattolica, ma ha una funzione politica internazionale in Europa, tra Est e Ovest, tra Nord e Sud. Dopo la morte di Giovanni Paolo II veniva eletto Benedetto XVI, tedesco di nazione, che già da due decenni era giunto a Roma. L’amicizia e la collaborazione tra i due Pontefici contribuì a superare gli strascichi dell’odio criminale che dal centro dell’Europa si era diffuso nel mondo durante la Seconda guerra mondiale. Joseph Ratzinger, inoltre, aveva partecipato al Concilio Vaticano II prima come consigliere del vescovo di Colonia e poi come esperto, lavorando ad alcuni dei documenti più significativi. Egli si sentì, dunque, chiamato a continuare il compito gravoso, che era già stato di Paolo VI, di pacificare gli animi dopo i turbamenti generati da interpretazioni non sempre corrette dei testi conciliari. Papa Benedetto, infine, durante il suo pontificato si è sottoposto a una gravosa fatica per lasciare ai fedeli un’immagine di Gesù accolta nella fede pasquale per la quale egli è il Signore presente nella Chiesa: lo si può incontrare nei sacramenti, nella preghiera, nella carità verso i fratelli. Già da alcuni anni degli osservatori non sempre benevoli e illuminati parlavano con insistenza di una Chiesa avvolta nelle spire di una crisi irreversibile. Dopo la rinuncia di Benedetto XVI lo Spirito ha spinto i cardinali a cercare un vescovo di Roma che viene dall’Argentina, un Paese lontano per la geografia, ma nello spirito e nella cultura relativamente vicino all’Europa. Papa Francesco, infatti, viene a noi nello spirito dello spagnolo sant’Ignazio, il fondatore del suo ordine, e nella vicinanza spirituale con il Poverello d’Assisi, scelto come santo patrono del pontificato. Ambedue questi santi avevano a cuore le missioni. Per questo i primi discepoli di san Francesco andarono e morirono martiri in Africa, mentre uno dei discepoli più cari di Ignazio, san Francesco Saverio, confratello di papa Bergoglio, partì per l’Oriente e giunse fino alle porte della Cina. Si può dunque immaginare che il nuovo Papa saprà dare nuova visibilità alla cattolicità della Chiesa e nuova spinta all’evangelizzazione. Come ha ricordato nella sua prima omelia nella cappella Sistina, tuttavia, il punto di partenza sarà sempre dal centro, da Gesù Cristo per il quale a Roma versarono il sangue Pietro a Paolo. Da qui bisogna camminare, edificare, confessare.
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