martedì 25 giugno 2013
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Romeo il Gatto del Colosseo è uno dei personaggi comici indimenticabili del cinema. Spalle da puma, pelo rossiccio, aitante e bullo quanto basta, cuore buono quanto basta, troneggia come protagonista in un grande film americano, realizzato da Walt Disney. Gli aristogatti uno dei capolavori di Disney, conferma la fama universale del luogo: pari alle piramidi, al Partenone. Il Colosseo è il simbolo di una capitale del mondo che resterà tale anche dopo la caduta dell’impero, divenendo centro dell’Occidente cristiano. Roma è capitale perenne, perdurante dai fasti papali barocchi, dal segno di Michelangelo, Caravaggio, Bernini, a De Sica, Rossellini, Mastroianni, Fellini.Un mito vivente, non un reperto da teca museale. Inoltre i milioni di turisti che accorrono al Colosseo soggiornano a Roma, circolano a piedi nel cuore della Capitale, fanno una scappatella alla Sistina, in piazza Navona, al Pantheon, tanto per dire, e poi pranzano e cenano a gricia, matriciana, carbonara, cacio e pepe... a Roma. Tale la fama del Colosseo che Totò apre un film divenuto famoso vendendolo a un ricco e ingenuo americano: da lì ha inizio la rocambolesca, patetica avventura di Guardie e ladri. Il Colosseo è la punta di un iceberg immenso: il patrimonio artistico della città di Roma, e dell’Italia, il più ampio del mondo. Un tesoro di fronte a cui gli stranieri impallidiscono, ammutoliti, e gli italiani, a livello istituzionale, spesso si disinteressano, con un’apatia che è amoralità e peccato, se trascurare, offendere, danneggiare la bellezza è amoralità e peccato. Ora in piena estate il Colosseo è chiuso a singhiozzo per una grottesca questione sindacale, da film del Sordi minore e meno amabile. Alla chiusura di giovedì ne è seguita un’altra. La folla di visitatori frustrati e immagino arrabbiati è prima di tutto una moltitudine di accorrenti alla città di Roma da varie parti del mondo. Che trova serrate le saracinesche del mito principe della capitale. È inimmaginabile disinteressarsi di questa chiusura che impedisce a migliaia di persone l’accesso al monumento della Roma che tutto il mondo conosce dalla storia e dal cinema. Ed è sintomatico: Pompei, la città sepolta dall’eruzione e bloccata nella sua vita, salvata grazie alla lava e nonostante gli italiani per quasi due millenni, sta cedendo per disinteresse.Abbiamo un patrimonio artistico, architettonico, unico al mondo. Se gli spagnoli o i francesi avessero strade che si chiamano via Appia, via Aurelia, le avrebbero conservate come percorsi di culto storico. Pare che in Italia siano solo strade. La questione è civile, culturale, politica nel senso letterale della parola: riguarda la polis, la comunità, la città, la nazione. Ma il riflesso dell’indifferenza (pena da girone dantesco) alla cultura e alla memoria determina danni economici, come rilevano gli operatori del settore turistico, alberghiero. In crisi, bisognosi di respiro, di sostegno. Posti di lavoro. Da noi il turismo è anche natura, sole, luce, mare (e anche qui non si fa molto per preservare). Ma è contemporaneamente architettura, arte che il mondo ammira, e che l’Italia, a livello istituzionale, disprezza. La folla di turisti non comprende. Roma è da sempre meta di innumerevoli visitatori, d’estate di più, ora di più, grazie all’effetto creato da Papa Francesco, che ha, con semplicità e potenza, esaltato in forma nuova la centralità della capitale. Aumentano gli stranieri che accorrono a Roma per il suo radiante mistero di capitale di arte e religione. Le istituzioni, lungi dall’approfittare della situazione, approfittare per il bene di Roma e del Paese, ci espongono a queste figure. La crisi italiana, si è già scritto su queste pagine, non è solo e non è principalmente economica. È innanzitutto questo: indifferenza alla memoria, alla storia, alla bellezza, a quanto tutti ammirano e ci invidiano.
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