martedì 5 giugno 2012
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​Bresso e il suo milione di persone. E le centinaia e centinaia di migliaia della sera prima, e le altre decine di migliaia che, da Piazza Duomo a San Siro, hanno accompagnato la tre giorni milanese di Papa Benedetto, nella visita alla diocesi e nell’incontro col Family 2012. A voler riassumere il tutto sbrigativamente, e in una sola parola, potrebbe perfino essere facile: «Trionfo». Declinabile anche e perfettamente al plurale, per i molti "trionfi" che si potrebbero enumerare: dell’affetto manifesto per il Papa, della testimonianza, dell’organizzazione, dell’ordine, della civiltà...Ma l’evento vissuto da Milano non può, non deve, ridursi a se stesso, quasi che il messaggio partito dal capoluogo lombardo possa essere costretto nel guscio del suo manifestarsi, per quanto scintillante possa essere. Perché da Milano, dal fitto di un programma che, a leggerlo il giorno prima, sembrava quasi da togliere il respiro, quella che è emersa con una forza tanto evidente quanto travolgente è l’immagine e il senso della "Chiesa del sì". Distante dalle rappresentazioni che se ne fanno comunemente, non arroccata su "precetti" che ne dettano il senso, bensì fondata sulla roccia e protesa verso il domani, propositiva, accogliente, attenta, concreta. Capace di dire e di fare. Felice, anche: dove la felicità non vuol dire ignorare i problemi, tanti, che esistono, e far finta che neppure ci sfiorino, ma affrontarli a viso aperto, forti di quella «speranza che non delude» che, ai cristiani, viene dalla fede. Consapevoli però, nello stesso tempo, che questa «speranza che non delude» ha qualcosa da dire, eccome, anche a un mondo laico che abbia voglia, finalmente, di misurarsi in un confronto vero sul filo non dei preconcetti, ma della ragione.In questo senso, a Milano, Benedetto XVI ha scritto una pagina indimenticabile di magistero. Sfidando la cultura moderna a ripartire da quell’idea di famiglia che è inscritta in una legge naturale che precede il cristianesimo.Se mai qualche dubbio residuo ci fosse stato su quello che è lo spirito che lo anima, ancora una volta lo ha offerto a tutti: ha messo da parte non Cristo ma ogni cifra confessionale e, scegliendo la via stretta, ha svolto il proprio ragionamento sul filo di un umanesimo antropologicamente stringente.Ri-proponendo le ragioni di una famiglia che va messa al centro della società, rivolgendosi ai politici chiamati a mettere un "più" amore nel loro impegno, ribadendo quei «valori non negoziabili» – vita, famiglia, educazione – che, nella sua visione, non possono né devono essere scambiati per «verità di fede», come disse esplicitamente nel 2006, proclamandoli, ma che «sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità» .Provocazione forte, quella del Papa, all’intelligenza e alla cultura. Così come altrettanto forte è quella che Benedetto XVI, una volta di più, ha rivolto ai cristiani, "sfidandoli" a una testimonianza chiara, cristallina, che sempre più ha bisogno di essere radicata nella fede per essere credibile, agli occhi del mondo e a quelli della stessa comunità dei credenti rispetto ai propri problemi, che esistono – vedi la situazione dei divorziati risposati – e che devono sempre trovare la via della solidarietà, dell’accoglienza, dell’amore.C’è un lungo, importante, imprescindibile filo rosso che lega questi accenti che Papa Ratzinger ha voluto mettere in evidenza, che va dall’invito ad Assisi ai non credenti, a fianco dei leader religiosi, alle azioni concrete che la Chiesa è sempre capace di mettere in campo, come con il fondo per le famiglie in difficoltà dei vescovi italiani e con i multiformi aiuti ai terremotati di oggi e di ieri. «Se qualche volta – ha detto Benedetto XVI – si può pensare che la barca di Pietro realmente sia in balia degli avversari difficili, tuttavia è anche vero che vediamo come il Signore è presente, è vivo, è risorto veramente, e ha in mano il governo del mondo e il cuore degli uomini». È la Chiesa che il Papa vede e ama. Chi la chiama la Chiesa del "no" non vede, e non capisce.
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