lunedì 21 gennaio 2013
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​È arrivato il momento: i ragazzi devono scegliere la scuola superiore. Per alcuni è una scelta facile, maturata da tempo, verso la quale esiste una disposizione positiva, persino di entusiasmo. Per altri è un’ora angosciosa dove tutto rischia di apparire uguale e indifferente, dove la paura di sbagliare toglie lucidità e blocca la decisione. Da adulti possiamo aiutare i ragazzi in molti modi. Anzitutto resistendo alla tentazione di far percorrere loro la stessa strada che abbiamo fatto noi o proprio quella che invece ci è stata preclusa. Stiamo attenti a non mettere sulle loro spalle il peso della realizzazione dei nostri sogni. Non devono soddisfare le nostre ambizioni, semmai identificare le loro.Se c’è un reale aiuto che possiamo offrire ai nostri ragazzi in questo momento ritengo sia proprio l’invito a essere ambiziosi. E questo nonostante il lemma "ambizione" circoli da tempo attorniato da un immotivato e irragionevole alone di sospetto, e nonostante le orecchie di molti siano confuse dalla sua assonanza con presunzione e forse arroganza. Essere ambiziosi significa per i più giovani, ma anche per noi, saper identificare un ambito e disporsi bene nei confronti del lavoro.Sapere identificare un ambito, nella specifica circostanza della scelta della scuola, ha a che fare col concetto e con la pensabilità stessa di una meta. Esiste infatti sia una meta di medio-lungo termine - ossia l’accesso a una professione attraverso un percorso più diretto o attraverso l’iter universitario - sia una meta di breve termine, quotidiana, ma non per questo meno importante. Anzi. Non si sceglie solo la scuola e lo sbocco lavorativo al quale potrebbe preludere alla conclusione del ciclo di tre o cinque anni, con essa si scelgono anche le discipline che la costituiscono, quelle con cui lo studente avrà a che fare giorno per giorno. Non possiamo certo prescindere da una loro attenta valutazione per proiettarci solo in un più o meno lontano futuro.In secondo luogo l’ambizione è sempre amica della modestia, per sua natura lontana anni-luce dalla presunzione. Quando uno è ambizioso si mette al lavoro, perché ha finalmente trovato un ambito e una meta: non dà niente per scontato, non attende che siano gli altri - gli insegnanti o le istituzioni - a costruire per lui, si dà piuttosto una mossa, diventa imprenditore del suo cammino di crescita. In quest’ottica saprà impegnarsi di suo e saprà anche cercare chi, coetaneo o adulto, sappia diventare collaboratore di questa impresa. Un ambizioso si muove, e si muove con profitto, non resta fermo, non si perde nel pantano.Allora ascoltiamo con attenzione ciò che i ragazzi hanno da dirci, ossia mettiamoli nella condizione di potercelo raccontare con libertà. Devono essere certi di trovare orecchie vergini da pregiudizi, orecchie attente a raccogliere le aspettative, magari ancora acerbe o da restituire su un piano di realtà.Se hanno mete che ci sembrano troppo alte non mortifichiamoli mai con "cosa ti sei messo in testa!". Questa espressione li schiaccia, fa credere loro che hanno fatto male a pensare certe cose, che sono stati degli stupidi. Valutiamo insieme la loro concreta possibilità di realizzazione, i passi che richiedono, i rischi che implicano. Se invece tendono ad abbassarsi, magari sfiduciati da esperienze che non hanno permesso di comprendere ancora ciò che possono fare, prestiamo loro un po’ di energia, e proponiamo fiducia. Per osare a volte hanno bisogno anche del nostro incoraggiamento.
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