sabato 19 luglio 2014
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​Abbiamo da commentare una notizia politicamente e civilmente buona e una, a prima vista, assai cattiva. Nascono entrambe da un evento giudiziario, anzi politico-giudiziario: Silvio Berlusconi è stato prosciolto in appello da gravi e infamanti addebiti. Assolto dall’accusa di aver assoldato una ragazza minorenne, probabilmente – possiamo solo immaginarlo, in attesa delle motivazioni della sentenza – perché non ne conosceva l’età (e che quella donna, detta Ruby, apparisse "bambina" nessuno potrebbe in effetti sostenerlo). Assolto anche dall’accusa di concussione per la telefonata alla Questura di Milano con la quale, lui, presidente del Consiglio dei ministri, caldeggiò con un funzionario di polizia il rilascio della signorina di cui sopra e l’affidamento pro-forma della stessa a una donna che gli era amica e, allora, anche eletta compagna di partito. Di fatto, poi, con questa sentenza, i pm che hanno bersagliato Berlusconi con capi d’imputazione che hanno macchiato indelebilmente l’immagine dell’ex premier italiano in tutto il mondo sono stati "condannati" (sapremo, dopo le motivazioni, se ricorreranno in Cassazione) per azione giudiziaria eccessiva e persino temeraria, perché cucita da un filo che ha finito per rivelarsi sottile e fragile. Ma anche l’ex Cavaliere ha un contraccolpo da assorbire: come farà adesso a continuare ad attaccare sistematicamente e all’ingrosso i giudici – e in particolare i magistrati milanesi – come "nemici" suoi e della democrazia? Il ritornello è d’ora in avanti inutilizzabile, anche se in verità era già stato messo in crisi dal rischio per l’ex capo del governo di perdere, a ripeterlo troppo e con troppa veemenza, i benefici concessigli per la tarda età dopo la condanna per frode fiscale già incassata, e che questa assoluzione ovviamente non dissolve.Fin qui i fatti. E adesso le notizie di cui si diceva. Cominciamo da quella che minaccia di essere assai cattiva. E dilunghiamoci un po’ su di essa. La scandisce il coro, in parte comprensibile e in parte insopportabile, di quanti sostengono che finalmente è chiaro che "non era successo nulla". E no, sappiamo – e con fin troppi dettagli – che il «caso Ruby» (e delle cosiddette «Olgettine», lo ricordo con tutta la tristezza che può provare un padre di ragazze di quella stessa età) c’è stato, ma secondo i giudici d’appello che si sono pronunciati ieri, e che hanno letteralmente capovolto la precedente sentenza di condanna di primo grado, in esso non è successo nulla di penalmente rilevante che riguardi Silvio Berlusconi. Qualcosa di istituzionalmente, politicamente e moralmente rilevante è invece accaduto, eccome.Questo è un giornale – i lettori lo sanno bene – che non indulge a cronache fatte spiando dal buco della serratura e sbirciando nelle camere da letto dei potenti (o presunti tali), ma che ha misurato con serena fermezza – incoraggiato dalla parola saggia e chiara del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco – la qualità dell’adesione di chi ci rappresenta e ci governa al dovere di adempiere «con disciplina e onore» alle proprie funzioni pubbliche. Una attesa e una convinzione profonde, perché la Costituzione italiana, all’articolo 54, lo impone laicamente a tutti, ma proprio a tutti e la gente, soprattutto la gente semplice, di ogni orientamento politico e anche di diversa cultura di riferimento, sente che così deve essere. E la gente, proprio come noi, sa che quel dovere di rigore e di sobrietà non riguarda soltanto colui che ancora oggi è il presidente di Forza Italia. Nessuno, perciò, osi dire che nulla era successo, perché basta guardarsi intorno e basta guardare ai risultati delle elezioni celebratesi negli ultimi anni per rendersi conto dei fallimenti accumulati e delle ferite inferte a una cittadinanza che ancora guarda con troppo sospetto, disgusto e sfiducia alla politica. Quella politica che noi, e non da soli, ci ostiniamo a considerare la via per realizzare la più alta e personalmente disinteressata forma di servizio alla nazione e al bene comune. E che avrebbe anche il compito di pensare e finalmente realizzare una saggia riforma della nostra giustizia, saggia perché senza intenti punitivi o anche solo intimidatori nei confronti di altri – e, spesso, alti – servitori dello Stato.Veniamo alla notizia politicamente buona. E per la quale spenderemo poche parole, ma – come si dice - davvero sentite. Questa assoluzione, che contribuisce a stabilizzare una grande forza d’opposizione che appariva sul punto di rompersi, può – e deve – rendere più saldo, spedito e coinvolgente il cammino verso il riassetto dell’ordinamento istituzionale della Repubblica. La scelta del Pd di Matteo Renzi di dialogare, trovando o comunque cercando intese, con gli avversari più importanti nel loro massimo momento di difficoltà (Berlusconi mentre usciva dal Parlamento per la condanna definitiva ricevuta, Grillo e i suoi mentre raccoglievano i cocci della mancata spallata elettorale al Governo) si sta confermando sensata e utile. Possiamo sperare che l’uscita positiva dal «caso Italia» – questa infinita transizione politico-istituzionale accompagnata da una altrettanto infinita fribrillazione politico-giudiziaria – sia sempre meno un sogno e sempre più un percorso tracciato e, poco a poco, meglio interpretato.
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