venerdì 21 settembre 2012
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Che il Parlamento si esprima in modo conclusivo sulla legge sulle Dat, cioè su un testo di legge di iniziativa parlamentare, sarebbe un’operazione «strumentale», addirittura una «forzatura». Parola di Pierluigi Bersani, leader del Partito democratico. Lo stesso leader democratico al quale due settimane fa si era rivolto Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, ponendogli – in una lettera aperta pubblicata da questo giornale – proprio una pura e semplice «questione di democrazia»: veti, convenienze e calcoli politici non potevano continuare a bloccare un iter legislativo giunto alla terza e decisiva tappa. Non potevano paralizzare il percorso di una legge – si documentino i troppi politici male informati e che male informano – che non si chiama "sul biotestamento" perché un biotestamento non ne è l’oggetto, ma che propone "Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, consenso informato e Dat” (acronimo che sta per "Dichiarazioni anticipate di trattamento"). Non è una questione nominalistica, ma di sostanza, affrontata e definita dai senatori (nel 2009) e dai deputati (nel 2011) attraverso un profondo e serio confronto e grazie a una maggioranza che si è fatta via via più ampia e trasversale: Pdl, Udc, Lega, esponenti di Api e Fli, parte significativa del Pd. Altro che una qualche «vecchia maggioranza»...E già. Che il Parlamento deliberi su materie di sua competenza come quella definita oggi del "fine vita" sarebbe, dunque, «strumentale», sarebbe una pericolosa «forzatura». Che, invece, provino (per propaganda) a farlo Comuni senza competenza e senza poteri in questa materia sarebbe invece normale e giusto. Che lo abbiano fatto e possano farlo ancora alcuni giudici che si sono spinti a "interpretare" la legge fino a capovolgere princìpi fondamentali del nostro ordinamento – come quello del favor vitae – sarebbe regolare e tranquillizzante. Bersani sbaglia di grosso. E perde un’occasione per interpretare "tutto" il suo partito, anche la parte che la legge sulle Dat l’ha votata. Ma questo è soprattutto un (altro) problema suo. Carlo Casini ha proprio visto giusto: purtroppo, la questione vera è di democrazia.
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