mercoledì 17 ottobre 2012
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​S’è aperta una breccia nel muro dell’ultimo Paese comunista rimasto in Occidente. Per la prima volta dall’inizio della rivoluzione castrista uscire da Cuba non sarà più un privilegio per pochissimi o un’impresa illegale ad altissimo rischio. Dopo oltre mezzo secolo all’Avana viene riconosciuta la libertà di viaggiare all’estero. È una svolta storica che mette fine ad una delle restrizioni più odiose e penose cui erano sottoposti i cittadini-sudditi del líder máximo. La decisione tanto attesa giunge curiosamente nel giorno che il tam-tam mediatico di vari siti web aveva indicato come la data fatidica in cui sarebbe stata comunicata la morte di Fidel Castro, gravemente malato da tempo. Se non è deceduto, è stato comunque un brutto colpo per l’ex padre-padrone di Cuba che aveva trasformato l’isola in un carcere a cielo aperto. Con l’annuncio della nuova Ley de migración, Raul Castro, al vertice dello Stato dal 2008, s’è liberato definitivamente dall’ingombrante tutela del fratello maggiore cancellando il più intoccabile dei tabù di regime, quel che faceva somigliare la isla de la revolución alla cupa e chiusa Ddr. Difficile dire se il decreto legge n. 302, pubblicato ieri sulla Gazzetta ufficiale del governo cubano, potrà avere gli stessi effetti della frase pronunciata la sera del 9 novembre 1989 da Günter Schabowski, il funzionario della Germania Est che inconsapevolmente fece cadere il muro di Berlino. Per i cubani la libertà d’espatrio non comincerà subito, ma fra tre mesi. Vi sarà una fuga di massa? A differenza dei tedesco-orientali, accolti nella Repubblica federale a braccia aperte in quanto connazionali, i cittadini di Cuba hanno bisogno di un visto turistico o di lavoro per recarsi in quasi tutti i Paesi del mondo. Dunque, i filtri resteranno, e paradossalmente diventeranno più selettivi da parte dei consolati stranieri. E, soprattutto, occorre ricordare che la nuova libertà di viaggiare non vale per tutti e mantiene molte restrizioni della vecchia legge. Medici, scienziati, professionisti ed in genere tutti coloro che hanno un ruolo importante nell’amministrazione statale saranno ancora costretti a chiedere un permesso speciale se vogliono lasciare il Paese. Insomma, c’è il rischio che possano viaggiare all’estero solo giovani sfaccendati e vecchi pensionati. E ai dissidenti il passaporto potrà essere negato «per ragioni di sicurezza».Si tratta in ogni caso dell’apertura più significativa dopo quelle timide e caute che hanno reso possibile ai cubani l’acquisto di computer e telefonini, la compra-vendita di auto e abitazioni, l’uso del dollaro e l’iniziativa privata per i piccoli mestieri. Raul insegue un riformismo alla cinese. Mantiene la dittatura del partito e continua con la repressione dei dissidenti, minacciati e arrestati (come è successo pochi giorni fa alla blogger Yoani Sanchez). Ma l’economia non decolla, anzi la crisi si è aggravata con l’abolizione della libreta, la tessera di razionamento, e il conseguente aumento dei prezzi. In questa situazione, la libertà d’espatrio vorrebbe essere una valvola di sfogo. Finisce l’era dei balseros, i disperati che tentano di raggiungere Miami imbarcandosi su zattere di fortuna. Comincia una nuova stagione all’insegna della libertà. Certo, solo libertà d’espatrio, non ancora quella di opinione e di riunione. Ma quando la libertà è un frutto proibito, dopo il primo assaggio la gente ci prende gusto. Può succedere anche nella Cuba di Raul Castro.
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