venerdì 20 luglio 2012
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​«Se la Bce non avesse comprato titoli di Stato, il nostro Paese sarebbe fallito». L’ammissione – non priva di un suo tragico candore – di un default evitato per poco da parte del ministro del Bilancio spagnolo Cristobal Montoro si specchia nell’altrettanto gelida considerazione che da Berlino rimbalza sui mercati internazionali allorché in prossimità del voto al Bundestag sugli aiuti alla Spagna il ministro delle Finanze Wolfgang Schäeuble agita lo spettro del «contagio».Il contagio, Ansteckung. Stiamo molto attenti a questa parola, e a come certi tedeschi la adoperano, perché a ben vedere racchiude una perfida metafora. Come la peste che accompagnava come un’ombra inesorabile la discesa delle armate di Wallenstein nel cuore d’Europa durante la Guerra dei Trent’anni, il contagio dell’euro ammalato di spread si allarga oggi nel sud dell’Unione Europea e ghermisce senza misericordia le nazioni più fragili e più esposte, e forse anche – è bene ricordarlo – meno lungimiranti e rispettose dei patti che avevano sottoscritto.I tedeschi, lo sappiamo, temono follemente il contagio dei "Pigs", gli Stati-canaglia dell’euro come il Portogallo, l’Irlanda, la Grecia la Spagna (ma non dimentichiamoci di noi stessi, la potenziale seconda "i" dell’Italia), i poco virtuosi, gli spendaccioni, i «ladri e bugiardi nati», come amava dire dei latini Arthur Schopenhauer. E non è un caso che – se ne rendano conto oppure no – stanno affidando alla speculazione e al termometro che ne misura l’efficacia, l’ormai famigerato spread, il compito di «ripulire l’Europa dagli ospiti più deboli e meno presentabili». Esattamente come avevano fatto per secoli le epidemie e le pestilenze e come senza troppo sottilizzare raccomandava nel suo Saggio sul principio della popolazione del 1798 Thomas Malthus, ora molto in voga nei circoli finanziari e nelle torri d’avorio germaniche. Torri alte e lontane, lontanissime da qualunque concetto di solidarietà, a dispetto delle parole spesso vuote adoperate per edulcorare con la glassa della condiscendenza la rigidità e la spietatezza con cui si declinano le condizioni attraverso le quali i deboli, i paria dell’Europa possono aspirare alla salvezza. A concederla sono i detentori della Tripla A, un attestato di virtù rilasciato dalle sempre più screditate agenzie di rating, ma che ha finito per formare il club ristretto del Nord, che da mesi, ma diciamo pure da anni, vieta, giudica, decide, forte di una purezza che si misura a quanto sembra solo su scala numerica.E poco importa che giusto ieri a Roma la Camera abbia ratificato i Trattati europei che istituiscono il Fiscal Compact e l’Esm (il Meccanismo europeo di stabilità), completando così quei "compiti a casa" assegnati all’Italia già un anno fa dalla triade (o trojka) costituita da Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e Bce. Perché la posta in gioco, l’obbiettivo vero dei nostri severi censori sembra essere un altro: non tanto il doveroso raggiungimento di una perequazione nelle politiche di spesa e di bilancio, quanto un’effettiva cessione di sovranità da parte dei meno virtuosi: «Abbiamo bisogno di un vero organismo di controllo delle banche europee», non si stancano di ripetere Angela Merkel e il suo ministro più fidato. Commissariare l’Europa, addomesticarla a regole pensate per nazioni culturalmente e storicamente differenti, imbavarle nel soffocante corsetto dei tanti rating e dei cento criteri escogitati da Bruxelles (gli stessi che, pur con qualche ragione, hanno impedito alla Turchia e ai Paesi balcanici un rapido ingresso nella Ue), costringerle all’umiliante ispezione delle trojke che ne scrutinano ogni centesimo da spendere: è questa la visione dell’Europa che ci elargiscono i signori della tripla A? Così corta è la campata dei loro progetti? Così gretto il loro arcigno ansimare, che vende salvezza dal default oggi in cambio di obbedienza domani?Scriveva Fëdor Dostoevskij nel 1877: «Se le nazioni non vivranno di idee elevate e gratuite e con l’alto scopo di servire l’umanità, ma serviranno solo il loro proprio "interesse", allora queste nazioni periranno indubbiamente e definitivamente, si indeboliranno e moriranno». Davvero non sappiamo se vi siano ancora orecchie, cuori, menti capaci di ascoltare parole come queste, lassù nel cosiddetto grande Nord, dove brilla l’euro-forte. Dove magari si ignora che l’Italia, da anni, è il terzo contribuente netto al Bilancio della Ue (dando più di ciò che riceve e assai più di ciò che sa utilizzare...). E dove ingannevolmente ci si crede eterni, immuni, fuori dal contagio.
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