lunedì 11 agosto 2014
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​L'Europa post-ideologica dovrà fare ben altro per meritarsi ancora la nostra fiducia. Porre rimedio alla crisi economica (economica?) alla quale ha generosamente contribuito la sua imperdonabile tolleranza nei confronti della formazione di un vero e proprio ethos dell’avidità e della corruzione (a prescindere da come e quando accadrà) non basterà di certo. "Vizi privati, pubbliche virtù"? Figurati. L’Europa secolare pensa di avere un conto ancora aperto con l’umanesimo religioso che ne ha ispirato la civiltà. In verità, essa ha un conto aperto – apertissimo – con l’umanesimo (presuntivamente) civile che ancora ne sostiene la retorica, mentre ne sta abbandonando le pratiche. Questo umanesimo sta diventando cieco e muto sulla qualità spirituale dell’uomo e della donna, della generazione e del sapere, dell’intimità personale e del legame sociale, del governo dei mezzi e della cura dei fini. Volete sperare che si appassioni per la fragilità dell’indifeso e sia disposto a fronteggiare le ossessioni del violento? Volete credere che sappia giudicare la differenza tra la fede disposta alla compassione dell’inerme e il fanatismo pronto alla crocifissione dell’innocente? Volete pensare che protegga i diritti che non garantiscono adeguata remunerazione, e abbia il fegato di contrastare la prepotenza del denaro che vende e compra anche i bambini? Eppure, sì, noi vogliamo pensarlo. Noi vogliamo pensare che fra quelli che si muovono solo per proteggere i loro barili di petrolio e quelli che cercano solo di conquistarli – al prezzo di qualsiasi devastazione, e osando persino invocare la religione a pretesto – ci sia un terzo genere di uomini e donne. Noi vogliamo pensare che questo genere di uomini e donne sia di ampiezza enorme, numeroso come i granelli della sabbia del mare, ancora più ampio della discendenza promessa da Dio ad Abramo. Noi vogliamo credere che questo immenso popolo di popoli abbia ormai ben presente che esiste un profondo legame fra la ricerca del godimento che rende totalmente insensibili alle ferite dell’umano condiviso, e l’assuefazione alla dispersione del patrimonio spirituale che ne costituisce la dignità inviolabile. Noi vogliamo credere che dal grembo di questo popolo, di gran lunga maggioritario in tutti i popoli, stia per erompere un’immensa vibrazione di orrore e di vergogna per la religione dei violenti e per l’irreligione dei codardi. Questo popolo ora viene a conoscenza di una verità paradossale, che il Vangelo aveva anticipato (a caro prezzo) per il tempo che doveva ancora venire. È apparsa una negazione dell’amore di Dio per ogni singola creatura, che appare impegnata a perseguitare la religione come una perversione che intralcia gli affari. E osa chiamarsi umanesimo. Ed esiste una negazione dell’amore di Dio che trasforma la fede in un mezzo di distruzione di massa, per spianare la strada al dominio. E osa chiamarsi religione. Entrambe, grazie alla loro astuta falsificazione, ingannano molti. Sono due forme di incredulità pericolosa, che non abbiamo saputo prevedere. E ora, non sappiamo prevenire. «Vi perseguiteranno, mentendo, per causa mia». E protesteranno, persino, «di rendere culto a Dio». Il popolo delle beatitudini, secondo la rivelazione dell’Apocalisse, è un fiume senza fine. Molti li riconosciamo come nostri fratelli: la maggior parte, però, lo sono senza esserci noti. Molti vengono resi invisibili alla storia, proprio attraverso la distruzione dei loro segni, l’espulsione dalle loro case, l’oscuramento della loro memoria ospitale (più antica delle pietre sulle quali è scritta). Dobbiamo onorare la loro fraternità, e meritarci la loro testimonianza.Il professore e la professoressa di non-si-sa-bene-cosa hanno già alzato il ditino: non piace loro che si parli di cristianesimo (ce ne faremo una ragione). Ma per i nostri fratelli e sorelle perseguitati possiamo dire l’affetto e aprire la casa? Noi non possiamo tacere, per loro e per tutti i perseguitati che il Vangelo di Dio ci ha insegnato ad amare. Non abbiamo mai pregato solo per i nostri.In realtà, noi non pensiamo neppure, nonostante tutto, di essere soli. È successo fin dall’inizio. Nel momento meno imprevedibile, spuntano mille Nicodemo, mille Centurioni, mille Zaccheo, mille Cirenei. Un fiume diventano. Non lo zittisci, l’amore di Dio per la creatura oppressa e per il testimone indifeso, qualsiasi lingua parli. I giovani dell’Asia si sveglieranno, infine. Quelli dell’Europa usciranno per incontrarli. E ascolteranno, come fossero nuove, parole antiche che padri troppo distratti e indifferenti hanno colpevolmente mortificato.
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