venerdì 12 aprile 2013
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Criticare è lecito. Lo è persino un po’ di più quando nel mirino ci finiscono i giornali, che spesso a lo­ro volta criticano. Dunque non ci di­spiace che il signor direttore del Gio­co a distanza dell’Agenzia delle Do­gane e dei Monopoli davanti alla pla­tea riunita per celebrare una ricerca tecnica sullo sviluppo dell’azzardo via internet abbia lanciato strali con­tro «certa stampa», colpevole di al­larmismo sul dilagare di Azzardo­poli e delle malattie da gioco com­pulsivo.Ognuno si assume la re­sponsabilità di quel che scrive e di­ce o non dice, noi cronisti come il dirigente ministeriale che ritiene «marginali» e comunque «fisiologi­ci » i «rischi» e i prezzi sanitari e so­ciali da «gioco problematico». La lu­dopatia, insomma, ce la siamo in­ventata noi, l’Oms, quelli delle Fon­dazioni anti-usura e una legge del­lo Stato. E così anche la parola «az­zardo», che per qualcuno è quasi im­pronunciabile. La dirigenza impo­ne forse l’eufemismo?Non ci dispiace essere criticati, ma ci dispiace che da ieri si sia ingigan­tito un certo sospetto. Per esempio che a gestire burocraticamente l’az­zardo e, nel caso, i 'giochi a distan­za' (che non sono la pallacorda e neanche la battaglia navale, ma il poker online e i suoi affini succhia­soldi) ci sia gente un po’ tanto az­zardatamente di parte, quella sba­gliata. È un contributo di chiarezza. Per noi e, speriamo, anche per chi ci rappresenta e ci governa.​​
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