giovedì 16 gennaio 2014
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Giorgio Napolitano vigila sulla situazione politica con una palpabile preoccupazione. A renderlo inquieto sono soprattutto due aspetti: la mancanza di chiarezza sulla legge elettorale (con la consapevolezza implicita che i modelli di cui si discute non sono uguali nel determinare effetti nel sistema politico) e la prospettiva del rimpasto che potrebbe tradursi in un’occasione di crisi vera e propria. Il classico caso di un capitolo che si apre e che poi, anche per le pretese dei partiti sugli equilibri governativi, non si riesce più a chiudere. A chi gli ha parlato recentemente, il capo dello Stato ha confidato questi timori che si intrecciano tra loro. La vicenda della legge elettorale, infatti, rende sempre più agitati i partiti della maggioranza, minacciando la stabilità del governo. E anche una parte del Pd sembra essere sul piede di guerra. Non è tanto – o almeno non è solo – la questione dell’accordo privilegiato tra Renzi e Berlusconi a far fibrillare le formazioni che sostengono Letta. Quanto la scelta del modello di sistema elettorale che non è affatto neutrale. I partiti più piccoli, infatti, temono un modello ultramaggioritario che resusciti un centrodestra a guida Forza Italia, che diventerebbe centro di attrazione per tutta la dispersa galassia del centrodestra e della Lega, rendendo vane tutte le operazioni di rinnovamento dell’area moderata tentate in questi ultimi tempi. Analogo discorso comincia ad affacciarsi nel Pd: dove non sono in pochi ora a sostenere apertamente che il modello spagnolo o il Mattarellum rischiano di far ricompattare e vincere il centrodestra. Primi effetti di questa preoccupazione si vedono nell’asse operativo che si è formato tra Ncd, i popolari (ex Scelta Civica) di Olivero e Dellai e l’Udc di Casini. D’accordo se non proprio sul merito, sicuramente sul metodo da seguire per la legge elettorale: delineare prima un accordo di maggioranza per poi allargare il tavolo alle opposizioni. I senatori che fanno riferimento ai vari gruppi di centro non sono numerosissimi, ma sono in grado di bloccare a Palazzo Madama qualsiasi intesa Berlusconi-Renzi che dovesse passare sulle loro teste. Quanto a Grillo, ormai è chiarissimo che preferirebbe andare a votare con il sistema disegnato dalla Consulta: proporzionale corretto, con piccolo sbarramento e preferenza unica. Un sistema che, in un’Italia ormai sostanzialmente tripolare, condannerebbe alla riedizione delle larghe intese. Esattamente quello che Renzi fugge come la peste. E, paradossalmente, il rischio di votare con il proporzionale diventa l’assicurazione più forte per la vita del governo Letta.
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