domenica 22 gennaio 2012
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Non illudiamoci. Prima che le liberalizza­zioni varate dal governo producano effet­ti tangibili sui bilanci familiari dovranno passa­re diversi mesi, in qualche caso anni. E ad oggi – siamo sinceri – non è neppure scontato che ciò avvenga del tutto, nonostante l’entusiasmo di parecchie associazioni dei consumatori. Ma la portata del decreto varato venerdì sera non può essere sottovalutata. La natura particolare di questo esecutivo, e alcuni contenuti specifi­ci, ne fanno infatti risaltare l’intenzione e l’im­pianto coraggiosi e forti. Una scossa, è stato det­to a più voci, per aprire il mercato italiano a u­na migliore concorrenza. Una prima scossa, be­ninteso. Che necessita di altre mosse per com­pletare il processo, ma che apre nuovi scenari e possibilità. C’è chi, a caldo, ha parlato di «rivoluzione mai vista in vent’anni». Dimenticando probabil­mente che, se oggi possiamo fare sempre più te­lefonate a un costo via via decrescente e si assi­ste a un qualche ribasso sui prezzi dei farmaci, ciò si deve alle prime liberalizzazioni (le cosid­dette 'lenzuolate di Bersani'). Così come fra le svolte realmente 'rivoluzionarie' andrebbero i­scritte a buon diritto la portabilità del mutuo ca­sa e la cancellazione della penale per l’estinzio­ne anticipata, che hanno portato immediati be­nefici alle famiglie e costretto le banche a ren­dere più competitivi i loro prodotti. Oggi, nel provvedimento del governo Monti, ci sono po­che scelte d’impatto così immediato: l’obbligo per i professionisti di rilasciare un preventivo, la maggiore libertà di approvvigionamento di car­buranti per alcuni gestori (500 in tutt’Italia) e il tetto sulle commissioni Bancomat potranno de­terminare un qualche avvertibile calo di prezzi e tariffe. Per il resto, si è finalmente avviato un processo troppo a lungo rinviato. Fondamenta­le e potenzialmente ricco di benefici quello del­la separazione della rete gas e delle gare per il tra­sporto locale. Nessuno finora aveva avuto il co­raggio (o la forza) di porvi mano. Da valutare nella sua effettiva portata, invece, l’affidamen­to delle licenze dei taxi all’Autorità dei traspor­ti. Mentre i provvedimenti relativi alle assicura­zioni paiono semplici aggiustamenti al margi­ne, a fronte di tariffe Rc-auto che continuano a sconvolgere, letteralmente, tanti bilanci fami­liari. Dove sta, allora, il valore maggiormente inno­vativo delle liberalizzazioni montiane? In parti­colare nel messaggio sotteso a tre scelte: le ac­cresciute possibilità di aprire una farmacia o u­no studio notarile, la maggiore apertura della porta d’ingresso alle professioni, con il miglio­ramento dei tirocini e, soprattutto, la chance ri­servata agli under 35 di costituire un’impresa con solo 1 euro di capitale, senza atto notarile e con adempimenti burocratici semplificati. Non ci nascondiamo, anche in questo caso, i rischi potenziali che le nuove Srl vengano sfruttate per nascondere traffici illeciti o rapporti di lavoro mascherato. Ma finalmente, dopo anni di buio, si apre uno spiraglio di luce, si dà una carta con­creta a una generazione, il cui leit-motiv era tri­stemente diventato «è impossibile». Impossibi­le trovare un lavoro 'normale', impossibile fa­re ciò per cui si è studiato, impossibile creare un’impresa. Tutt’al più c’era l’apertura della par­tita Iva, una costrizione e non una scelta, nella gran parte dei casi. E questo mentre lo sviluppo accelerato di servizi e tecnologie continua ad a­prire praterie enormi nelle quali può crescere u­na nuova imprenditorialità giovanile. Come puntualmente accade non solo negli Stati Uni­ti, dove magari sono gli stessi ragazzi italiani a 'fare impresa' nella Silicon Valley, ma anche nel­la vicina Olanda che ha 500 minorenni iscritti al­la Camera di Commercio e dove si discute come comportarsi con ragazzi di appena 12-13 anni, già in grado di creare e vendere sul mercato ap­plicazioni informatiche.La scommessa del governo Monti, allora, non è solo, e non tanto, riuscire a 'strappare' qualche centesimo in meno sulla benzina o sul gas (che non guasterebbe), ma far sì che liberalizzare vo­glia dire «è possibile», «si può fare», «ci posso provare», ridando spinta a un Paese sfiduciato, che si sente ed è 'bloccato' dalle oligarchie e­conomiche. Servono altri passi nella stessa di­rezione. Più ancora sono necessarie riforme 'ste­reofoniche' del mercato del lavoro (valorizzan­do il nuovo apprendistato modello Sacconi) e del fisco. Occorre cambiare musica e finalmen­te arrivare a 'premiare' la produzione, la fami­glia e i contribuenti onesti. È il grande investi­mento che il Paese merita e che non può più tar­dare.
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