venerdì 25 luglio 2014
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​Il tetto agli stipendi dei dipendenti del Parlamento fa il suo debutto in Italia accompagnato da un inedito quanto surreale teatrino. All’uscita dalla riunione che ha fissato in 240mila euro lordi lo stipendio massimo per i Consiglieri parlamentari, i componenti dell’ufficio di presidenza della Camera sono stati accolti da cori e applausi di polemica ad opera di svariate decine di dipendenti di Montecitorio. Parole come «Bravi, bravi, bis», «grazie», «bel capolavoro» hanno caratterizzato la protesta nel Palazzo.Fuori, in piazza Montecitorio, più o meno in contemporanea, un’altra manifestazione cercava di far arrivare alla politica le proprie ansie e preoccupazioni: erano i lavoratori che lamentano il mancato finanziamento della cassa integrazione in deroga. La coincidenza è stata colta dal presidente della Camera, Laura Boldrini, che ha aperto una finestra sulla strada indicando ai contestatori "interni" quello che accade fuori, tutti i giorni, nelle vie del «Paese reale». Gli stipendi più alti alla Camera e al Senato, quelli dei Consiglieri parlamentari, possono superare i 410mila euro dopo 41 anni di lavoro. Per tutti gli oltre 1.500 dipendenti la retribuzione cresce col passare degli anni, con scatti automatici che, anche per la qualifica più bassa, può superare i 130mila euro dopo 25 anni. In linea di principio, le cifre possono avere una giustificazione legata alla funzione e al merito, ma suonano decisamente stonate quando vengono messe in relazione con il contesto circostante e le esigenze del Paese. Tantopiù se si ricorda che il tetto è figlio del principio che nessun dipendente dello Stato può guadagnare più del Capo dello Stato. Cioè, 240mila euro l’anno.Il sempre più frequente richiamo al «Paese reale» e «a chi sta peggio», è vero, può rischiare in tanti contesti di innescare una pretestuosa e pericolosa corsa al ribasso, fornendo un alibi facile a chi in una fase come questa punta ad abbassare la soglia delle garanzie e della dignità, giacché da qualche parte c’è sempre qualcuno con meno diritti e minori fortune. È la funzione di quello che Marx chiamava, guardando alle masse di disoccupati prodotti dal capitalismo, l’«esercito industriale di riserva». Se non è questo il caso, la stagione che stiamo attraversando richiede evidentemente un supplemento di sensibilità, ragione e buon senso nell’affrontare le tante vertenze. Un’intelligenza capace di sintesi ed equilibrio nel valutare, di volta in volta, dove finiscono i diritti e dove invece incominciano i privilegi.
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