martedì 9 febbraio 2016
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​Caro direttore,il dibattito sul ddl Cirinnà si è concentrato, negli ultimi giorni, sulla cosiddetta stepchild adoption e sull’utero in affitto, perché questo è il punto che più tocca le coscienze e divide gli italiani. In realtà, e l’abbiamo detto più volte, il testo attuale è tutto da rifare: è pasticciato, incostituzionale, denso di contraddizioni e fattori di discriminazione. Basti pensare che i conviventi omosessuali avranno diritto alla reversibilità della pensione mentre gli eterosessuali no, che i bambini adottati da coppie etero avranno diritto alla conoscenza delle origini mentre quelli adottati con la stepchild no, che i conviventi gay potranno adottare il figlio del partner mentre gli etero no, e così via. Sul piano della costituzionalità abbiamo già detto: non è solo nel merito che la legge è a rischio (basta pensare alle innumerevoli sovrapposizioni con l’istituto del matrimonio), ma anche nel metodo: noi parlamentari di “Idea”, insieme ad altri delle diverse forze di opposizione (finora 50) abbiamo predisposto un ricorso alla Consulta per il mancato passaggio in Commissione del ddl, in evidente violazione dell’art. 72 della Costituzione.La cosa più logica, se non ci fossero in mezzo giochi di potere e pressioni ideologiche, sarebbe far tornare dritto dritto il testo in Commissione. Ma siccome la legge non è mai stata, se non per finta, di iniziativa parlamentare, siccome il governo c’è entrato con tutte le scarpe, questo non sarà permesso: Matteo Renzi vuole presentarsi subito al suo elettorato con una legge in tasca. La stepchild adoption è un falso obiettivo: se anche si eliminasse, nessun tribunale dei minori negherebbe più l’adozione a una coppia gay, in mancanza di una normativa che rafforzi il divieto di “maternità surrogata”, come viene pudicamente denominato l’utero in affitto, e preveda sanzioni non solo per gli operatori, ma anche per chi vi ricorre.Il testo del ddl Cirinnà è pensato come una fotocopia del matrimonio, e, se non fosse completamente riscritto, l’adozione sarebbe comunque inserita dalle Corti europee, secondo una giurisprudenza consolidata: se i diritti sono, più o meno, quelli garantiti alle coppie sposate, allora per l’Europa vanno riconosciuti tutti, compresi quelli che riguardano la filiazione e l’adozione. Lo stralcio dell’articolo 5 (e 3) sull’adozione durerebbe lo spazio di un mattino, e si risolverebbe in una presa in giro degli italiani, i quali sono in grande maggioranza contrari. È fondamentale, in questo contesto, che i parlamentari si assumano le proprie responsabilità in piena trasparenza. Dopo il via libera di Grillo al voto secondo coscienza, tutti i gruppi parlamentari hanno libertà di voto: non è più necessario, quindi, ricorrere al voto segreto per tutelare i singoli che vogliono votare in contrasto con le indicazioni del gruppo o del partito. Inutile dunque ricorrere al voto segreto, se non per inquinare le scelte, consentire giochi obliqui e scaricare le colpe su qualcun altro. Meglio condurre una battaglia a viso aperto, difendere le proprie convinzioni, rispondere agli elettori delle scelte che si fanno. Su un tema che tocca la maternità e la paternità, che riguarda i princìpi e il cuore della nostra civiltà, chi rappresenta il popolo non può fare altrimenti.

 

*Parlamentare di Idea e componente della commissione Affari Sociali della Camera

 
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