sabato 2 luglio 2016
Prima Londra poi Vienna ma si guardi al positivo
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Si sa che i guai non vengono mai soli. Dopo la Brexit, che cosa poteva colpire l’idea di Europa con la precisione devastante di un cecchino euroscettico? L’annullamento del ballottaggio austriaco per le presidenziali, nel quale il 22 maggio aveva prevalso per soli 30mila voti il candidato verde Alexander Van der Bellen sul liberale Norbert Hofer, espressione di un fronte incline a flirtare con le idee di una barriera anti-migranti al Brennero e di minori poteri ai 'burocrati di Bruxelles'. Il risultato del voto di Vienna, non a caso, era stato salutato come un’iniezione di fiducia nel mezzo della crisi dei rifugiati. Ora le irregolarità (per lo più formali) che avrebbero caratterizzato lo spoglio delle numerose schede giunte per posta hanno indotto la massima magistratura del Paese a fare ripetere la consultazione. Non solo – è la constatazione di molti – coloro che si sentono ai margini dei processi decisionali hanno scelto di lasciare un’Unione Europea matrigna, ma addirittura un leader presentato come il campione delle posizioni comunitarie viene eletto di misura grazie ai 'brogli'. La notizia è arrivata nelle stesse ore in cui il ministro della Giustizia britannico Michael Gove, nel lanciare la sua corsa al dopo Cameron, ha promesso di porre fine alla libertà di movimento delle persone verso l’Inghilterra, con l’introduzione di un sistema di quote in stile australiano, ovvero fortemente restrittivo. Ne approfittava il segretario della Lega Matteo Salvini per ribadire che se arrivasse al governo farebbe uscire l’Italia dell’euro. È questa l’atmosfera che caratterizza politicamente il Vecchio continente? Non necessariamente. In realtà, siamo più sensibili alle cattive notizie perché sono meno frequenti della somma di quelle buone e di quelle neutre. Succede così che notiamo e ricordiamo maggiormente gli eventi spiacevoli che turbano la nostra routine. Soltanto domenica scorso il voto spagnolo ha premiato i partiti di sistema, europeisti. E l’onda maggiore di reazioni emotive al referendum inglese è stata di gran lunga nel segno della delusione e dello sconcerto, con l’emergere di un’'opinione pubblica europea' di cui non si sospettava l’esistenza. Comunque vada il voto austriaco bis di settembre, la strada migliore sembra quella di non cedere all’allarmismo che fa soltanto il gioco dei sopraccitati populisti.
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