sabato 7 marzo 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Ha un sapore un po’ paradossale l’accelerazione politico-mediatica sul tema del reddito di cittadinanza che stiamo vedendo in questi ultimi giorni. Come spesso avviene nel nostro Paese, con proposte, per certi versi problematiche e confusive, si pretende di offrire soluzioni eccessivamente semplici a una questione – quella drammatica dell’assenza di una misura di contrasto alla povertà delle famiglie italiane, che purtroppo non è stata nell’agenda né nella cultura politica degli ultimi anni. Per di più, si tende a riportare la riflessione sul tema della povertà a una concezione riduttiva, come esclusiva "mancanza di reddito", e a una idea della politica che si muove ignorando il sociale. Non un gran risultato, per ora. Anche per questo è utile, e persino necessario, un chiarimento terminologico, evidenziando la differenza tra reddito di cittadinanza e reddito minimo. Il primo, il reddito di cittadinanza, è una misura di contrasto alla povertà relativa, di tipo universalistico non subordinata a una verifica dei mezzi, vale a dire all’accertamento delle condizioni economiche e patrimoniali dell’individuo e viene assicurato a tutti indipendentemente dalla condizione lavorativa e dal reddito. Questo lo rende non sostenibile sul piano economico, perché avrebbe un effetto devastante sulla finanza pubblica. Ecco perché la riflessione sul tema in questi anni si è orientata su ipotesi di lavoro più realistiche su forme di reddito minimo, vale a dire programmi che intervengano su tutte le famiglie in povertà assoluta, verificando redditi e patrimoni dei richiedenti. Questa è la modalità che si rinviene analizzando le politiche sociali dei Paesi europei della cosiddetta "Unione a 15". Questa prospettiva è certamente sostenibile sul piano delle finanze pubbliche, può essere connessa a forme di attivazione dei destinatari, rafforzando le prospettive di un welfare di comunità e sussidiario. In questa direzione si è orientata la migliore tradizione politico-culturale di questo Paese: già sul finire degli anni 80, con il primo Rapporto sulla povertà, collegato al nome di Ermanno Gorrieri. In seguito anche la Commissione presieduta da Paolo Onofri sulla spesa previdenziale sanitaria e assistenziale del 1997, nonché la sperimentazione del Reddito minimo di inserimento degli ultimi anni del decennio 90, supervisionata dall’allora presidente della Commissione esclusione sociale Chiara Saraceno, hanno lavorato in questa direzione. Così come va ricordato che – sotto il Governo Letta – la Commissione di studio voluta dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha elaborato l’ipotesi del Sostegno per l’inclusione attiva, strumento di contrasto alla povertà che coniuga somministrazione di reddito a piani personalizzati di attivazione. Sempre nel solco del reddito minimo, Acli e Caritas hanno elaborato in maniera coeva la proposta del Reddito di inclusione sociale (Reis - si veda www.redditoinclusione.it), creando una vasta Alleanza contro la povertà che vede il sindacato, i soggetti che si occupano di povertà e altri soggetti istituzionali e sociali, insieme per richiedere una misura che dia cittadinanza sociale a chi vive in condizioni di povertà. Una misura universalistica di contrasto alla povertà assoluta, ovvero uno strumento non solo di sostegno al reddito, ma cardine di politiche inclusive e sussidiarie. Il principio guida è l’adeguatezza: nessuno dovrà essere più privo delle risorse necessarie a raggiungere un livello di vita «minimamente accettabile». Insieme al contributo monetario, somma pari alla differenza tra la soglia di povertà e il proprio reddito, i beneficiari del Reis – quando necessario – ricevono servizi sociali, socio-sanitari, socio-educativi o educativi. La proposta prevede inoltre che il Reddito d’Inclusione sociale venga introdotto gradualmente, con un Piano Nazionale articolato in quattro annualità. Nell’ipotesi che il Piano cominci nel 2016 la misura andrà a regime nel 2019. Si comincia da coloro i quali versano in condizioni economiche più critiche, cioè i più poveri tra i poveri, e progressivamente si raggiunge anche chi sta 'un po’ meno peggio' sino a rivolgersi – a partire dal quarto anno – a tutti i nuclei in povertà assoluta. A regime, la misura richiede un investimento pubblico di circa 7,1 miliardi di euro. Gli obiettivi sono certamente ambiziosi, e si sta lavorando all’elaborazione di una proposta di legge di iniziativa popolare, che definisca con ulteriore chiarezza – sulla base della già dettagliata proposta – in che modo poterla realizzare nel nostro Paese. Tutto questo presuppone un’azione di interlocuzione con le forze politiche a livello nazionale e locale sul tema della povertà, finalizzata all’informazione, alla divulgazione e al confronto. Ovviamente questa azione è propedeutica alla richiesta di un Documento di economia e finanza (Def) per il 2016, che inserisca la proposta del Reis nella previsione di finanza pubblica del governo. Parallelamente l’Alleanza sta predisponendo l’avvio di coordinamenti regionali e locali, che – sulla base delle adesioni nazionali – sviluppino nodi territoriali che agiscano non solo sul piano della diffusione della proposta e della raccolta di firme rispetto alla proposta di legge di iniziativa popolare, ma anche per effettuare il monitoraggio delle poche misure anti-povertà previste dalla legge di stabilità 2015. Insomma al di là dei clamori mediatici, occorre prendere atto che su questo tema il mondo politico, e chi in esso si propone come radicalmente nuovo e differente, non può pensare di partire da zero. Esiste già da qualche anno un grande schieramento di soggetti, sostenuti da milioni di cittadini italiani, che si muove in maniera coordinata, non per la difesa di interessi specifici, ma per costruire un diritto effettivo – già consolidato negli altri Paesi dell’Unione Europea – essenziale per tutti gli italiani e vitale per chi, oggi, sperimenta una dura condizione di deprivazione ed esclusione: essere davvero cittadino, nonostante la povertà. *Sacerdote e direttore di Caritas Italiana
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: