martedì 22 maggio 2012
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Il dato più impressionante dell’esito del voto di ballottaggio è la vittoria netta del candidato del Movimento cinque stelle a Parma, quello più significativo il nuovo pesante crollo della partecipazione al voto. Le tendenze già emerse nel primo turno, la disgregazione del vecchio polo di centrodestra non sostituito da nuove aggregazioni tra i moderati e il successo del centrosinistra nel quale però spesso la candidatura non è fornita dal Partito democratico, si confermano e si accentuano. Il fatto che in città come Genova o Palermo la partecipazione al voto si aggiri attorno al 40 per cento fa intendere che il segno dominante anche di questo episodio elettorale, oltre che del clima generale del Paese – aggravato dal crimine di Brindisi e dalla tragedia del sisma in Emilia –, sia un profondo malessere. E la configurazione tradizionale del sistema politico non sembra in grado di fornire risposte a questo malessere, che si esprime in modo consistente in forme protestatarie o di rifiuto della scheda elettorale. Il rischio che queste tendenze accentuandosi conducano a una situazione di ingovernabilità quando si andrà a elezioni politiche generali è più che un’ipotesi pessimistica e di questo bisognerà tener conto nell’elaborare una nuova legge elettorale che aiuti i cittadini a riconciliarsi con la politica e con partiti capaci di riformare anche se stessi. L’idea che è circolata recentemente, quella di adottare un sistema maggioritario a doppio turno sul modello francese, che però è più connaturata a un sistema presidenziale, viene considerata adatta a garantire la governabilità. Ma bisogna anche riflettere sul fatto che in Francia, dove è stata applicata, ha ridotto la partecipazione al voto ed escluso per decenni dalla rappresentanza parlamentare formazioni di destra e di sinistra che nell’insieme superano il terzo dell’elettorato. Se la legge elettorale apparisse come un marchingegno volto a impedire la presenza nelle istituzioni di nuove forze, per quanto alternative e persino irritanti, invece che a garantire rappresentatività e governabilità, allargherebbe il solco già ampio tra una vasta area della cittadinanza e la politica. L’altro tema messo in luce dai dati elettorali è l’insufficienza dell’offerta politica del centrosinistra, attraversato da tensioni gravi, e l’inesistenza di una offerta politica adeguata di un’area moderata che pure è una realtà importantissima del Paese. Quest’ultimo problema, paradossalmente, può forse essere affrontato con più disponibilità reciproca proprio perché tutte le formazioni che fanno riferimento a quest’area, chi più chi meno, hanno ottenuto risultati cattivi o appena appena sufficienti, al di là di qualche situazione locale particolare. D’altra parte la perdurante gravità della situazione economica e ilpeggioramento della condizione sociale che ne deriva, oltre che la chiusura di una stagione segnata dalla leadership berlusconiana, non consentono più di costruire le relazioni politiche sullo schema ormai abusato della demonizzazione dell’avversario, che è poi un modo per non chiarire la propria identità programmatica. La politica seria deve puntare oggi sulla concordia, interpretandola ciascuno sulla base dei propri princìpi di riferimento, ma anche nella rivalutazione del sostrato comune al nostro Paese e alla sua cultura. L’Italia ha, infatti, bisogno di unità e di responsabilità, e probabilmente alla fine sarà premiato chi saprà dare risposte più convincenti a questa esigenza profonda, meno evidente ma non meno sentita di quella che si esprime nella protesta.
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