mercoledì 14 ottobre 2015
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«Nella prosperità l’uomo non comprende». Il salmo 49 con straordinaria chiarezza ricorda un tipico meccanismo umano: ogni qualvolta una persona o un gruppo raggiunge un certo livello di benessere rischia di essere risucchiato da questa condizione, allontanando lo sguardo da quanti vivono condizioni di difficoltà o, peggio, disprezzandoli. È la condizione di Lazzaro, nella nota parabola del Vangelo di Luca, la cui sorte è, per il ricco Epulone, destinata al servaggio, fissata nella sua separatezza e inferiorità anche nella vita ultraterrena. Ogni tempo corre questo rischio: considerare le condizioni di povertà destino o scelta, quindi non meritevoli di attenzione, al massimo – come scriveva lo storico polacco Geremeck – di pietà o di forca.
 
Oggi alla pietà si è sostituito un linguaggio a volte melenso o impreciso, mentre alla forca è subentrata una diffusa cultura del sospetto. Atteggiamenti che suonano paradossali in un’Italia incapace da anni di perseguire – sul serio – fenomeni quali la estesa corruzione di ampie quote delle proprie classi dirigenti e la massiccia evasione fiscale.
 
 
Queste ragioni sarebbero già sufficienti per sperare che un Paese che cerca di cambiare direzione di marcia, lo faccia anche nell’ambito della lotta alla povertà; ma se a questo si aggiunge un solo dato – derivato dalle statistiche ufficiali – relativo al raddoppio dal 2007 a oggi delle persone in condizioni di povertà assoluta, penso che nessuna persona in buona fede possa affermare che questo fenomeno non sia una priorità per l’Italia. Non più un milione e 700mila persone, ma quattro milioni vivono condizioni di povertà grave; non solo al Sud, anche nel Nord operoso" e produttivo, non solo anziani e condizioni di precarietà tradizionali, ma famiglie con minori, per lo più con alle spalle storie di lavoro e di cosiddetta normalità.
 
 
Molte di queste persone non usciranno da sole da una povertà effetto della crisi: alcuni settori produttivi del nostro Paese non ripartiranno rapidamente e non torneranno agli stessi livelli occupazionali di alcuni anni fa. Alcune condizioni soggettive – le persone con oltre cinquanta anni di età, i lavoratori con basse qualifiche o inseriti in ambiti territoriali che ancora oggi non sono usciti tecnicamente dalla crisi – sono tali da rendere illusorio che moderati aumenti di prodotto interno lordo provochino per loro chissà quali esiti positivi in termini di occupazione.
 
 
Non si tratta di essere gufi o cicale, ma guardare con realismo, passione e rispetto le condizioni di chi fa più fatica: è quello che faremo il prossimo 17 ottobre a Milano, con la presentazione del Rapporto povertà 2015. I dati che emergono da 1.197 Centri d’ascolto in 154 diocesi fotografano tra l’altro un aumento degli italiani tra quanti chiedono aiuto e un incremento dei bisogni alimentari. Basti pensare che solo nel 2014 nelle mense Caritas sono stati distribuiti oltre 6 milioni di pasti.
 
 
Ma il Rapporto racconta anche un pezzo d’Italia pieno di dignità, di nostri vicini di casa, di nostri concittadini che lottano ogni giorno con coraggio e determinazione per non fare sprofondare se stessi e i propri cari nella disperazione e nella miseria, che cercano vie di uscita, che sperano di costruire un futuro per i propri figli. Per queste persone il 14 ottobre l’Alleanza contro la povertà a Roma ripeterà l’invito al Governo a operare per una misura strutturale e universale di lotta alla povertà assoluta, riproponendo il Reddito di inclusione, un mix di sostegno al reddito delle famiglie povere insieme a forme di accompagnamento territoriali e sussidiarie, tali da farle uscire da questa condizione che erode dignità e futuro.
 
Il Governo ha annunciato un intervento per i bambini poveri nella prossima legge di stabilità; ci augureremmo che venisse non solo definita, ma che fosse una misura che va nella direzione auspicata: una misura strutturale di contrasto all’esclusione delle famiglie con minori, prima fase di un piano di contrasto alla povertà assoluta, di cui annunciare poi tempi, modalità, risorse. Un Paese che riparte davvero riparte con tutti, senza rimozioni, senza esclusioni.
 
*Sacerdote e direttore Caritas Italiana
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