venerdì 30 ottobre 2015
Il martirio di Romero, ha detto Francesco a una delegazione di El Salvador, è andato avanti anche dopo l'assassinio, con le calunnie.
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La figura di monsisgnor Óscar Arnulfo Romero, ucciso “in odio alla fede” il 24 marzo del 1980 e proclamato Beato lo scorso 23 maggio, è stata al centro del discorso rivolto stamani da Papa Francesco a una delegazione di El Salvador. Il martirio di Romero, ha detto Francesco, è stato preceduto da sofferenze e da persecuzioni. Ma anche dopo la morte, ha aggiunto, il suo martirio è continuato. Dopo essere stato ucciso, ha ricordato Framcesco, monsignor Romero è stato diffamato, calunniato anche dai suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato. Dopo aver dato la propria vita, ha affermato, ha continuato a darla lasciandosi “frustare” da incomprensioni e da calunnie. Poi il Papa ha aggiunto: “Questo mi dà forza… Solo Dio sa! Solo Dio sa la storia delle persone. E quante volte alle persone che hanno già dato la propria vita, che sono morte si continua a lapidarle con la pietra più dura che esiste nel mondo: la lingua”. L'onore del martirio Monsignor Óscar Arnulfo Romero, ha spiegato il Papa, è stato un “pastore buono, pieno di amore di Dio e vicino ai suoi fratelli”. Un testimone del Vangelo fino al martirio. Anche oggi il sangue di un gran numero di cristiani martiri è sparso nel mondo con la “speranza certa che porterà frutti di un abbondante raccolto di santità, di giustizia”: “Debemos estar dispuestos a morir por nuestra fe... Dobbiamo essere disposti – ha detto Francesco ricordando le parole pronunciate da Romero – a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore… Dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio, è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere”… Il martire, un compagno di strada Il martire, ha continuato il Papa, non è relegato nel passato, non è una bella immagine che adorna le nostre chiese e che ricordiamo con nostalgia: “El mártir es un hermano, una hermana... Il martire è un fratello, una sorella che continua ad accompagnarci nel mistero della comunione dei Santi e che, unito a Cristo, non trascura il nostro pellegrinaggio terreno, le nostre sofferenze e agonie”. Un tesoro per El Salvador Nella storia recente di questo Paese – ha ricordato il Pontefice – la testimonianza di mons. Romero si è unita a quella di altri fratelli e sorelle, come padre Rutilio Grande: "Todos estos hermanos son un tesoro y una fundada esperanza... Tutti questi fratelli sono un tesoro e una fondata speranza per la Chiesa e per la società salvadoregna”. Pioggia di misericordia L’impatto della loro devozione si percepisce ancora nei nostri giorni. A poche settimane dall’inizio del Giubileo straordinario della Misericordia – ha detto il Santo Padre – l’esempio di monsignor Romero costituisce per la sua amata nazione “uno stimolo per un rinnovato annuncio del Vangelo di Gesù Cristo”. “Con fundada esperanza ansiaba... Con fondata speranza – ha spiegato Papa Francesco – desiderava vedere l’arrivo del felice momento della scomparsa da El Salvador della terribile tragedia della sofferenza di tanti nostri fratelli a causa dell’odio, della violenza e dell’ingiustizia”. “Che il Signore – ha concluso – con una pioggia di misericordia e di bontà, con un torrente di grazie, converta tutti i cuori” e El Salvador “diventi un Paese in cui ognuno si senta redento e fratello senza differenze”. La delegazione salvadoregna ha ringraziato il Pontefice per la beatificazione di monsignor Romero ed ha auspicato che siano prossime la canonizzazione dell’arcivescovo e la beatificazione di padre Rutilio Grande. La delegazione salvadoregna ha anche invitato il Papa a visitare El Salvador. (Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana)
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