martedì 8 settembre 2015
​Il presidente della Cei ribadisce l'impegno della Chiesa. Interventi di Scola e Betori.
LA CEI "È l'ora dell'accoglienza" / "Con Francesco per un Vangelo vissuto"
L'appello di Papa Francesco
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L'accoglienze dei profughi è necessaria. Non è più tempo di discutere è tempo di agire. Come ha ricordato a tutti Papa Francesco con il suo appello alle diocesi e alle parrocchie. E "i vescovi a fine mese parleranno delle indicazioni del Santo Padre per tradurle nel modo più coerente possibile". Lo ha ribadito il presidente della Cei, l'arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco. Si parla di 5000 persone. "I numeri sono alti, ma le previsioni sono buone. C'è da fare i conti con le strutture, quelle agibili e da sistemare, e aspettare le indicazioni dello Stato che vuole accoglienza e integrazione. Ci coordineremo con le prefetture. A Genova ne accogliamo già 400, aumenteremo i posti". "Questa è una sconfitta di tutto il mondo, o si è solidali tutti o si affonda tutti", ha inoltre osservato Bagnasco, sempre riferendosi al fenomeno delle migrazioni, a margine della Festa del Fuoco di Recco (Genova) dedicata alla Madonna del Suffragio. "Siamo davanti a una svolta epocale, il Sud del mondo si sta muovendo e l'obiettivo del mondo intero deve essere quello che la gente non debba essere costretta da guerre o povertà a lasciare le proprie terre". Perché non si può pretendere che la gente resti a casa sua se non ha sicurezza, libertà e pane. Il cardinale a Ballarò: la Chiesa non chiede i documenti La Chiesa quando aiuta i più deboli non chiede "la carta d'identità, la religione, la provenienza". Lo ha detto il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, intervenendo a Ballarò su Rai Tre e rispondendo alla domanda se i vescovi si sentano toccati dalle critiche della Lega secondo la quale si aiutano gli immigrati a discapito degli italiani. Bagnasco ha fornito anche alcune cifre della macchina dell'accoglienza della Chiesa italiana nei confronti dei più bisognosi, italiani e immigrati: ogni giorno 500mila persone ai Centri d'ascolto, 6 milioni di pasti erogati ogni anno, 15mila strutture che si occupano delle varie forme di disagio, dai senza casa alla tossicodipendenza, dagli aiuti materiali alle cure sanitarie. "Abbiamo visto le belle immagini dalla Germania ma l'Italia non è da meno - ha aggiunto Bagnasco -. L'Italia fin dal primo momento - si è trovata in questa situazione e l'ha affrontata con i suoi mezzi, i suoi strumenti. Pensiamo per esempio a quello che ha fatto la Marina Militare. L'indole della nostra gente è molto umana, è molto vicina a chi ha più bisogno". Se ci sono paure "spero che non siano alimentate ad arte da qualcuno", ha concluso Bagnasco. Milano Dopo la Messa nel Duomo di Milano nel corso della quale ha presentato la nuova lettera pastorale, il cardinale Angelo Scola si è confrontato con i giornalisti anche sull'emergenza profughi, in particolare sulla risposta della Chiesa e su quanto fatto dalle istituzioni e dalla politica. "Bisogna passare da una visione di emergenza a una visione strutturale del fenomeno migratorio. Questo chiama in causa i soggetti che accolgono, nella loro diversità di compiti, e coloro che arrivano. La Chiesa fa molto, fa la prima accoglienza, fa il buon samaritano, ma sta già facendo troppo welfare, sostituendo così lo Stato. Altro è il compito delle istituzioni, che devono elaborare una visione politica di questo fatto strutturale", ha affermato Scola. Ecco perché, ha aggiunto l'arcivescovo, "sono importanti" le decisioni assunte dalla Germania e dall'Austria in materia di accoglienza, così come le iniziative della Merkel e di Hollande: "importanti perché, mi pare, possono avviare proprio il passaggio dall'emergenza alla soluzione strutturale del problema". L'Europa deve "farsi carico in maniera diversa" della situazione dell'Africa, così come l'Italia deve essere protagonista della politica mediterranea. Tornando all'accoglienza dei profughi: "Ciò che è successo in Germania e in Austria è importante, perché testimonia che esiste un "costume di compassione"" alla radice della cultura di quei popoli che si rinnova ed esprime "con naturalezza quando si vede l'altro nel bisogno". "Nella società plurale dobbiamo sforzarci, nella libertà, di rigenerare un costume comune, proprio a partire dall'accoglienza di chi è in difficoltà, per esempio in questo momento dei profughi", ha scandito il cardinale. "Rinnovo l'appello alle parrocchie ad aprire le porte. E questo invito è rivolto anche alle singole famiglie, perché non esiste separazione tra singoli e Chiesa. Ogni famiglia è parte della Chiesa. L'accoglienza è compito di tutti, non solo delle istituzioni". (L.Ros.) Firenze "Tutti fratelli, anche quelli che vengono da lontano, come Racab o come Rut. Non ci manchi la forza della carità e la fiducia in una missione che il Signore ci chiama a svolgere, ancora una volta in difesa della vita dei più fragili e poveri", lo ha detto l'arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, in un passaggio della sua omelia per la Natività di Maria. Poco prima Betori aveva fatto riferimento proprio alla genealogia biblica. "Di fronte ai non pochi problemi che i nostri tempi propongono, nella vicende personali e sociali, chiedendoci di lasciarci coinvolgere fin nelle grandi trasformazioni epocali di cui profughi e migranti sono segno ed effetto - ha aggiunto Betori - siamo chiamati a sentirci strumenti della misericordia e dell'accoglienza di Dio. Si tratta di non chiuderci in noi stessi e nei nostri egoismi, ma di aprirci al Dio che irrompe nella nostra vita con il volto dei fratelli".
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