Squadre comunitarie, un esempio dalla fine del mondo
mercoledì 18 gennaio 2017
Santiago del Cile è una città che, al primo impatto, sembra avere poco di sudamericano: un centro direzionale moderno, dove svetta il più alto grattacielo del continente, un traffico tutto sommato regolare e snello, una sensazione di efficienza, ordine, tranquillità senz'altro superiore a tutte le grandi capitali dell'America del Sud. Tuttavia, di certamente sudamericano, il Cile ha una passione sconfinata per il calcio. Passione che ha raggiunto il suo zenit il 4 luglio 2015 quando Alexis Sánchez, mirabilmente ostaggio del suo soprannome El Niño Maravilla, ha segnato il quarto rigore a Sergio Romero, portiere dell'Argentina. La partita era la finale della Copa América e quel rigore, ormai scritto nei libri, portò alla Roja il primo titolo della sua storia.
Palcoscenico di quella serata l'Estadio Nacional di Santiago, un posto che, a partire dalla sua inaugurazione nel 1938, ha visto davvero di tutto: Garrincha vincere un Mondiale con il Brasile, Pablo Neruda ringraziare, nell'ultima apparizione in pubblico, il popolo cileno per il suo premio Nobel per la letteratura, una partita fantasma fra Cile e Unione Sovietica (che non si presentò in campo per protestare contro la dittatura cilena e venne sconfitta con un gol segnato da una squadra che giocava senza gli avversari), quarantamila cileni deportati, torturati e uccisi durante il regime del generale Pinochet. Infine, concerti di ogni genere: quello del 12 ottobre 1990, con un applauso che non voleva finire mai e che salutava il rientro in patria degli Inti-Illimani, poi Justin Bieber, gli U2, Lady Gaga. L'Estadio Nacional è ancora oggi l'epicentro dell'affetto verso lo sport più diffuso al mondo di un popolo che è abituato a tremare per i terremoti e a vibrare di passioni letterarie, musicali, politiche o sportive.
Oltre al rodeo, vero sport nazionale, il calcio risplende di luce purissima nella capitale, grazie a tanti club che sono specchio della weltanschauung cilena: un patriottismo profondo e sinceramente vissuto, che deriva tuttavia da una perfetta mescolanza di popoli e di culture. Così se un famoso club calcistico porta con orgoglio il nome di Colo-Colo, capo mapuche del 1500 e condottiero delle tribù indigene contro i conquistadores spagnoli, ci sono altri tre club che rappresentano, anch'essi nel loro stesso nome, un senso di appartenenza fortissimo con una propria comunità di riferimento: l'Unión Española, l'Audax Italiano e il Deportivo Palestino. Tutte e tre vestono i colori delle rispettive bandiere e sono protagonisti di derby molto accesi. Il club più antico, fondato nel 1897, è quello che rappresenta, non a caso, la comunità spagnola. Quello più giovane, fondato dalla più grande comunità mondiale di immigrati palestinesi, venne alla luce nel 1920 e ancor oggi si distingue per iniziative che mettono insieme sport e politica, tanto che qualche anno fa la squadra venne penalizzata per aver disputato delle partite ufficiali con una maglia che sostituiva il numero "uno" con la mappa geografica della Palestina. In mezzo, nel 1910, un certo Alberto Caffi fondò nel suo negozio di cappelli, l'Audax Club Ciclista Italiano, che si occupava di ciclismo e di football, ma che presto scoprì che la passione per la palla avrebbe superato quella per le due ruote. Il 13 novembre 1932, arrivò un giorno storico per l'Audax Italiano, quando l'attaccante Moisés Avilés, siglò uno record di nove goal nella stessa partita contro il Deportivo Magallanes.
Nessun italiano gioca oggi in quella squadra, ma la comunità dei nostri connazionali si riconosce nei colori dell'Audax che, da par suo, regala alla propria hinchia, la comunità dei tifosi, un progetto all'avanguardia per il mondo dello sport. Si tratta di un programma progettato per aumentare il rendimento scolastico dei bambini, completamente gratuito per i genitori. Un intervento articolato e complesso, la cui strategia unisce tre agenzie educative (la scuola, la famiglia e il club) e che ha ottenuto il patrocinio dell'Unicef e del ministero della Pubblica Istruzione cileno. Un modo moderno di tener viva una storia e una passione antica, un modo di far sentire compatta una comunità che vive dalla parte opposta del mondo e che sa tenere insieme tradizione, educazione, sport e cultura. Un esempio dalla «fine del mondo», di quelli che sarebbe bello copiare.
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