martedì 20 agosto 2019
Carrie Lam vuole «immediatamente» mettere in piedi una piattaforma per il dialogo con i cittadini. Duri però i media di regime cinesi. Londra «preoccupata» per il fermo di un funzionario del consolato
La governatrice di Hong Kong, Carrie Lam (Ansa)

La governatrice di Hong Kong, Carrie Lam (Ansa)

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Carrie Lam vuole "immediatamente" mettere in piedi una piattaforma per il dialogo con i cittadini di Hong Kong. "Inizierà immediatamente il lavoro per creare una piattaforma di dialogo - ha detto la contestata leader dell'ex colonia britannica in dichiarazioni rilanciate dal Guardian - Speriamo che questo dialogo possa sbocciare sulla base di comprensione reciproca e rispetto per trovare una via d'uscita per Hong Kong".
Carrie Lam, capo dell'amministrazione di Hong Kong, ha promesso una piattaforma "diretta" e "aperta" a tutti. "Spero davvero che questo sia l'inizio del ritorno alla calma, lontano dalla violenza", ha affermato, dopo che domenica - sfidando una pioggia torrenziale - sono scesi in piazza quasi due milioni di manifestanti pacifici. Le proteste, spesso sfociate in scontri con la polizia, vanno avanti da 11 settimane e sono centinaia le persone arrestate. Carrie Lam ha assicurato di non voler "resuscitare" la contestata legge sull'estradizione e ha anche promesso che l'Ipcc, incaricato di vigilare sull'operato della polizia, arruolerà esperti stranieri per contribuire alle indagini sugli incidenti di questi mesi.

I gruppi organizzatori delle proteste di Hong Kong hanno però subito respinto al mittente l'invito al dialogo
della leader, definendo la proposta "una trappola che punta a perdere tempo". Lo hanno dichiarato gli esponenti del Civil Human Rights Front, una delle sigle più attive nelle proteste anti-governative in corso dall'inizio di giugno. Lam "non sta rispondendo affatto" alle richieste dei manifestanti, ha dichiarato il vice-organizzatore del gruppo, Wong Yik-Mo, citato dall'"Associated Press", che comprendono la riforma politica a favore delle libro democratiche e un'inchiesta indipendente sull'operato della polizia negli scontri con i manifestanti. "Non ci fidiamo di Carrie Lam, non ci fidiamo delle sue bugie", ha aggiunto il rappresentante del Civil Human Rights Front. Se Lam vuole il dialogo ha aggiunto un altro membro del gruppo, Jimmy Sham, sempre citato dall'agenzia Usa, "venga alle manifestazioni".

La stampa cinese minaccia un "duro intervento" a Hong Kong se l'amministrazione guidata da Carrie Lam non riporterà l'ordine nell'ex colonia britannica, dove da due mesi e mezzo sono in corso manifestazioni anti-governative a cui hanno partecipato milioni di persone. Il tabloid Global Times ha evocato l'uso della forza per ripristinare l'ordine nella regione amministrativa speciale cinese in un editoriale in cui afferma che "gli Stati Uniti non possono influenzare la decisione di Pechino su Hong Kong", pubblicato poche ore dopo le affermazioni del presidente Usa Donald Trump, che ha messo in collegamento la gestione della crisi di Hong Kong con i negoziati in corso con Pechino sulla disputa commerciale.
"Pechino auspica un atterraggio morbido per il problema di Hong Kong e che le forze interne di Hong Kong possano ripristinare l'ordine con il sostegno del governo centrale", scrive il tabloid pubblicato dal Quotidiano del Popolo, organo di stampa del partito Comunista Cinese, "ma se Hong Kong non può ripristinare l'ordine da sola, il forte intervento di Pechino sarà l'unica scelta. È stipulato nella Basic Law", la legge che regola il rapporto tra Hong Kong e la Cina.


"Pechino non farà uso di questa scelta in maniera avventata, ma non eviterà di usarla quando necessario. Questo è il Paese che è responsabile per i cittadini di Hong Kong". Gli Stati Uniti, che dopo l'avvio della disputa sul commercio "hanno perso la capacità di imporre pressione aggiuntiva sulla Cina", conclude il Global Times, "dovrebbero smettere con l'inutile minaccia di collegare le trattative sul commercio tra Cina e Stati Uniti con il problema di Hong Kong. Pechino non si aspetta di raggiungere velocemente un accordo commerciale con Washington".
Risulta irreperibile, dopo un viaggio in Cina, un dipendente del Consolato britannico di Hong Kong. A riferirlo è il sito di news di Hong Kong HK01, che cita una donna descritta come la sua fidanzata, a cui ha fatto seguito una dichiarazione del Foreign Office britannico, che si dice "estremamente preoccupato" per le notizie circolanti sull'impiegato del Consolato di Hong Kong. "Siamo estremamente preoccupati che dalle notizie che un membro del nostro team è stato detenuto mentre tornava a Hong Kong da Shenzhen", spiega una nota a firma di un portavoce citato dall'agenzia France Presse.
Dell'uomo, Simon Cheng, 28 anni, non si hanno notizie dall'8 agosto scorso, quando era atteso a Hong Kong di ritorno da un viaggio a Shenzhen, nel Sud-Est della Cina, subito oltre il confine con l'ex colonia britannica. La scomparsa del dipendente del Consolato britannico giunge in un momento di difficili rapporti tra Cina e Gran Bretagna, con Pechino che accusa Londra di interferenze a Hong Kong, dove sono in corso da oltre due mesi proteste anti-governative, scaturite dalla proposta di riforma della legge sull'estradizione dell'amministrazione guidata da Carrie Lam.


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