sabato 23 luglio 2016
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Il regalo di questo documento tanto atteso giunge a noi contemplative nel giorno di Santa Maria Maddalena, celebrata, tra l’altro, per la prima volta nella liturgia come festa e non come memoria. Una festa doppia dunque, per il riconoscimento a una grande donna del Vangelo (patrona della vita eremitica) e il riconoscimento a ciò che noi contemplative rappresentiamo per il Santo Padre e per la Chiesa.La lettura di questo documento commuove perché rifonda il Monachesimo nelle sue radici storiche e culturali, senza dimenticare le sfide attuali, alle quali ogni Monastero va incontro, per la carenza di vocazioni, per il difficile compito dell’educazione, per l’integrazione tra le sollecitazioni del mondo esterno e le istanze della vita contemplativa. Le prime parole che salgono al cuore dopo la lettura di questo testo sono: entusiasmo e gratitudine. Entusiasmo per l’apertura al futuro, per le possibili vie di sviluppo che apre, gratitudine perché il Santo Padre ci riporta all’essenziale. Se davvero la Bellezza ci salverà (e il documento parla di bellezza in più occasioni) è pur vero che il Monachesimo può contribuire a salvare la storia dalla deriva in cui sembra precipitare. Forse per questo la Costituzione, fin dal suo titolo: Vultum Dei quaerere, ci radica entro l’esperienza originale della vita contemplativa, quella del desiderio di Assoluto e, nello stesso tempo, quella di un desiderio di totale fraternità con gli uomini. La vita monastica non nacque semplicemente come una fuga mundi, ma anche come modalità più radicale di vivere l’amore di Cristo per gli uomini e le donne: parlare al cuore del Padre dell’anelito di salvezza scritto nel cuore di ogni persona. Così, i rimandi del documento alla necessità di aprire ampi spazi alla lectio divina, all’adorazione eucaristica e al silenzio spingono a radicarsi entro quel rapporto personale con Dio, che è il modo privilegiato per fuggire dal dramma del moralismo o di una religiosità intellettuale. Perché l’incontro ci salva dalla gnosi o, come diceva san Gregorio di Nissa, «i concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce».Per noi monache dell’Adorazione Eucaristica legate all’esperienza agostiniana, la Costituzione rappresenta un punto di luce. L’anelito a diventare un cuore solo e un’anima sola è il grande portale della regola agostiniana, ma rappresenta l’anelito di ogni comunità monastica contemplativa. In un mondo che conosce profonde divisioni e la minaccia continua del disgregamento, la sfida di donne diverse, per estrazione ed età, che vivono in pace è un segno forte di speranza. E non perché tale pace sia scontata o facile, tutt’altro, ma perché essa si alimenta quotidianamente alla sorgente della bellezza scandalosa della croce (n°18).Sì, il Monachesimo ci salverà, questo Monachesimo dipinto dal Santo Padre nella varietà delle sue forme claustrali, tutte al servizio del medesimo fine che è lo splendore del Regno tra gli uomini. E ci salverà questo monachesimo perché ricentra ogni monaca nel suo rapporto con Cristo attraverso la Parola, l’Eucaristia e la vita fraterna.Non teme il documento di rispolverare parole demodé, come il silenzio, l’ascesi, la necessaria purificazione dell’io. Noi che viviamo un rapporto libero e responsabile con i mass media, sappiamo bene quanta maturità sia necessaria per usare i mezzi di comunicazione con libertà e, insieme con prudente discernimento. L’abbiamo scritto nelle nostre costituzioni quando ancora il mondo claustrale era restio ad avventurarsi nel mondo internettiano, e ora siamo piene di stupore nel vedere come la Chiesa, Madre, ci accompagni per mano nella via già intrapresa facendosi eco delle nostre stesse esperienze.Grazie al Papa per la responsabilità alla quale ci consegna. Grazie per averci promesso alla sfida dell’unità fra gli uomini a partire dall’unità fra noi. Grazie per averci ricordato la grande missione consegnata nel mattino di Pasqua a Maria di Magdala: abbiamo visto il Signore! Questo è l’unico annuncio capace di parlare al cuore degli uomini, anche dei nostri contemporanei.
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