giovedì 31 marzo 2016
Pasqua, abbraccio nel silenzio per le famiglie ferite
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Pubblichiamo l'editoriale, firmato da Umberto Folena, del numero di fine marzo di Noi famiglia & vita.Il terzo giorno, come predetto, Gesù spostò la grossa pietra che sigillava il suo sepolcro, piegò il sudario, si sedette e attese pazientemente che discepoli e curiosi, credenti e miscredenti venissero a rendergli omaggio. Non è andata così, lo sappiamo. Gesù è uscito senza troppi complimenti. La pietra è rotolata via, quando sarebbe bastato spostarla appena. Non ha atteso che venissero da lui, ma lui è andato da loro. Non s’è fatto cercare, ma è andato in cerca.copertina37520160331_151336_resized.jpg Che sia questo, anche questo, il senso di quella "uscita" a cui papa Francesco non smette di invitarci dal primo istante in cui è diventato Vescovo di Roma? Che sia fare come Gesù la domenica di Pasqua? Uscire, come singole persone e come comunità. Anche come famiglie. Si fa presto però a dire 'uscire'. Gesù esce dal buio in cui è precipitato, ma prima quel buio lo attraversa, il dolore lo mastica, la tentazione la assapora fino in fondo. L’uscita di Gesù dal sepolcro non è una passeggiata. Altrettanto per noi. Per molte famiglie che vivono nella penombra, nell’infausta sensazione che qualcosa si sia incrinato. O addirittura camminano affogati nella tenebra; ed è come camminare dentro un tunnel senza sapere quanto sarà lungo, quanto dovremo camminare ancora, quando là in fondo baluginerà la tenue luce che annuncia l’uscita; sempre che quel tunnel abbia una fine, sempre che la stanchezza non ti faccia accasciare prima. La domenica di Pasqua Gesù esce e va. Dimostra con i fatti che l’uscita c’è, la luce vince e brilla più forte per chi ha saputo sperare anche quando erano calate le tenebre. La domenica di Pasqua arriva per tutti, nessuno escluso. Arriva anche, e forse soprattutto, per coloro che stanno attraversando un sabato apparentemente infinito, un’attesa snervante, come stare dentro un sepolcro sigillato sapendo che fuori non c’è più nessuno in attesa, e la speranza è affar tuo, soltanto tuo. Una preghiera invita a recitare: 'Domenica di Pasqua: è l’amore che corre veloce'. Uscire bisogna, uscire di corsa è meglio. Corre chi non sa contenere la gioia. Corre chi si sente liberato dalle catene. Corre chi sa di dover dire grazie al suo liberatore, e lo cerca, e lo annuncia a tutti. Le famiglie unite, in cui gli sposi si amano come e più del primo giorno, escono. All’esterno incontrano altri sposi, altre donne e altre uomini un tempo sposati, che non riescono a cantare la stessa gioia e si sentono 'diminuiti', imbarazzati, quasi fuori posto. Diano loro la mano, e basta. Senza prediche, senza parole che sarebbero comunque di troppo. Diano loro il sorriso che Gesù dona alle donne. Diano leggerezza, non ulteriori fardelli che si aggiungerebbero a quello che già grava sul loro cuore. Li abbraccino, nel più eloquente dei silenzi.
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