mercoledì 5 ottobre 2016
​La Consulta ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo che prevede il diritto del minore a mantenere rapporti significativi con i parenti di entrambi i genitori.
L'ex partner gay non è equiparabile ai parenti
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La Corte costituzionale ha dichiarato "non fondata" la questione di legittimità sollevata dalla Corte d'appello di Palermo, nell'ambito di una causa civile intentata da una donna che chiedeva di poter mantenere legami con i figli nati con la fecondazione eterologa dalla sua ex partner. La donna, interrotta la relazione, ha avviato un contenzioso sulla possibilità dei figli di frequentare entrambe, dunque nello stesso modo lei e la mamma biologica. La Corte tuttavia ha dichiarato non fondata la richiesta di ampliare la fattispecie di "figura genitoriale", sostanzialmente perché esiste già per legge la tutela dei rapporti significativi del minore e dunque non c'è un vuoto legislativo. "L'interruzione ingiustificata, da parte di uno o di entrambi i genitori, in contrasto con l'interesse del minore, di un rapporto significativo da quest'ultimo instaurato e intrattenuto con soggetti che non siano parenti" è tutelato da una norma diversa da quella impugnata. La questione di costituzionalità era stata sollevata dalla Corte d'Appello di Palermo che ritiene che la legge non consente di comprendere anche l’ex partner gay tra i soggetti di riferimento che hanno il diritto a conservare rapporti significativi, qualora già instaurati, con i bambini che sono figli solo dell'altro partner. In pratica, ad avviso dei magistrati l’ex partner gay - in assenza di una specifica legge emanata dal Parlamento - non è equiparabile ai parenti «ascendenti e discendenti» ai quali la legge consente di mantenere i legami con i minori. Anche l’Avvocatura dello Stato non si è dimostrata favorevole all’ampliamento delle figure genitoriali in base ai legami di fatto intercorsi tra persone gay.

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