sabato 6 giugno 2015
​Lettera del parlamentare Franco Monaco (Pd) sul rischio di arrivare a una parificazione impropria.
Il Forum ai parlamentari: prima la famiglia (LA LETTERA)
IL MANIFESTO 58 intellettuali dicono no
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Caro direttore,mi permetto di chiederle di nuovo ospitalità. Mi hanno colpito il clamore sollevato dal referendum irlandese sulle unioni gay e, segnatamente, le polemiche seguite alle parole di commento pronunciate dal cardinale Parolin. Ci conosciamo abbastanza: non mi turba che si discutano le opinioni degli alti prelati, e non è mia abitudine fare il verso ad essi, come usa da parte di certi politici che si impancano a super cattolici. Di più: non da oggi io stesso mi sono permesso di osservare come, nel recente passato, la Cei non è stata lungimirante nel contrastare soluzioni a mio parere ragionevoli ed equilibrate in tema di unioni civili (del tipo dei cosiddetti "Dico"). Con il risultato che oggi si profilano soluzioni decisamente più problematiche quali il dl Cirinnà sulle unioni tra persone dello stesso sesso con un’apertura alle adozioni. A fronte di un Parlamento che, complice il pur positivo ricambio generazionale, è di gran lunga meno sensibile e avvertito dei profili problematici di tali questioni. Romano Prodi mi rammentava la passata «resistenza» dell’Irlanda verso la Ue, motivata dalla preoccupazione di una «deriva protestantica e libertaria». Mi domando se l’attuale, preoccupante accelerazione verso i matrimoni gay non possa essere letta anche come reazione al ritardo nell’introdurre più convincenti e misurate soluzioni e se, in questo, il caso irlandese non possa preludere a un’analoga deriva nostrana.Ciò detto, mi domando: cosa mai ha asserito di così riprovevole il segretario di Stato del Papa? Essenzialmente: che il responso delle urne va rispettato, ma è, per lui, motivo di preoccupazione; che, come già aveva notato il primate cattolico d’Irlanda Martin, la Chiesa deve guardare in faccia la realtà dell’evoluzione della mentalità e del costume, non già per conformarvisi ma semmai per moltiplicare, in positivo, il suo impegno per testimoniare e proporre il valore del matrimonio e della famiglia; nella convinzione che essi sono istituzioni che rivestono un valore umano e civile, non solo cristiano.Non lo si può più dire, in un tempo nel quale a tutti è lecito sproloquiare e sentenziare su tutto?A produrre tali scomposte reazioni alle parole di Parolin forse concorre un equivoco: le sagge e audaci aperture pastorali di papa Francesco non sottintendono affatto la rinuncia a difendere la famiglia e, segnatamente, il matrimonio quale unione stabile di un uomo e di una donna aperta alla procreazione. Un bene prezioso per la stessa società. La cui condizione liquida e frammentata a fortiori abbisogna di legami, di coesione, di responsabilità solidale.C’è un secondo fraintendimento da fugare: è noto che papa Francesco non ama le ingerenze e le pressioni ecclesiastiche su politici e legislatori. Ancora qualche giorno fa, rivolgendosi ai vescovi italiani, ha raccomandato di scommettere sull’autonomia responsabile dei laici cristiani politicamente impegnati, osservando che essi non hanno bisogno dell’imbeccata dei pastori. Ma un tale approccio implica semmai un "di più" e non un "di meno" di discernimento e di vigilanza etico-politica a noi specificamente affidati. Per paradosso noto invece l’evaporazione di Teodem ed ex democristiani che, sui temi eticamente sensibili, ostentavano una coscienza inquieta e sofferta.Per parte mia, due punti meritano di essere fissati: no alla equiparazione tra matrimonio e unioni civili, in coerenza con il favor familiae statuito da Costituzione e giurisprudenza; attenzione massima sulle adozioni alle coppie gay. Mi chiedo anche se non sia il caso di ripensare alla priorità assegnata in agenda alle unioni tra partner del medesimo sesso, anziché puntare a un istituto più generale e complessivo per le unioni etero e omo. Sia per una ragione statistica, sia perché ciò che più rileva per il legislatore è l’elemento della stabilità e della responsabilità dell’unione, quale che sia l’orientamento sessuale.In breve mi chiedo: se ne potrà discutere laicamente rispettando le opinioni di tutti, senza passare dal tabù proibizionista ostile a ogni disciplina delle unioni civili al dogma del pensiero unico che misconosce la peculiarità del matrimonio e della sua particolare rilevanza sociale?
 
Mi auguro anch’io, caro onorevole Monaco, una discussione in Parlamento e nella società davvero "laica" e fruttuosa. Cioè tale da non propiziare confusioni umanamente rischiose tra matrimonio e unioni di altro genere tra persone dello stesso sesso. Penso, come sa, che non sia opportuno introdurre mini-matrimoni (tanto più che ci siamo arrivati tra "divorzi municipali" e "divorzi brevi"...) tra chi sceglie di non sposarsi e può farlo e non penso neppure che l’eventuale introduzione di una regolazione sul tipo dei "dico" avrebbe chiuso la faccenda. In tutti i Paesi in cui sono state varate normative simil-matrimoniali si sono poi rapidamente sviluppati – qualcuno la chiama la "politica del carciofo", foglia dopo foglia si arriva al cuore... – pressing per via politica o giudiziaria che hanno condotto direttamente al matrimonio gay o nei suoi immediati paraggi. Con tanto – ahiloro – di "diritto al figlio" e di accettazione più o meno regolata non solo di "doni" per ottenere quello stesso figlio (dalla madre o dal padre che una unione omosessuale esclude, e dei quali però non può fare a meno), ma anche e soprattutto di una terribile commercializzazione e cosificazione delle persone coinvolte (madri in affitto, fornitori di seme maschile, figli confezionati). Per questo continuo a invitare i nostri legislatori a ragionare sul piano patrimoniale e non su quello matrimoniale. Le auguro di essere efficace nell’esercizio della sua responsabilità di deputato e di laico cristiano, aiutando diversi suoi colleghi a distinguere bene la famiglia costituzionale dalle relazioni di altro tipo.
Marco Tarquinio 
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