giovedì 24 dicembre 2015
Disillusione tra la gente. Ma Focsiv costruisce speranza.
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Sono solo statuine di cartone, ma il segno, nella sua povera essenzialità, quasi risalta all’ingresso del campo Ashti 128 a Erbil (Kurdistan iracheno), quello dei più poveri fra i profughi di Qaraqosh. Il campo dei mille container di Ankawa2 confina per tutto un lato della rete metallica, poche centinaia di metri più in là sulla strada che solca le bidonville, pronte per il secondo Natale. Poco oltre, proprio dove finisce Ashti 128, a breve entreranno in azione le ruspe: deve passare di lì una enorme tangenziale a sei corsie prevista da tempo. Per questo 120 profughi saranno trasferiti nei container nel giardino della chiesa di Mar Elian ormai vuoti. Le famiglie che li occupavano da quasi un anno sono ormai partite per la Repubblica Ceca, dove saranno accolte, con il benestare delle autorità locali, nella “Nuova Ninive”: case, scuole e pure un programma di inserimento lavorativo per gli adulti. Un progetto pilota, concordato grazie alla mediazione dell’arcivescovo di Erbil, Bashar Warda. Un progetto a cui tutti, in un modo o nell’altro, sembrano guardare. Rispetto all’anno scorso, i progressi, almeno per chi riceve gli aiuti della diocesi di Erbil, sono evidenti. «Però qui tutti pensano a come potersene andare», confida un operatore umanitario. Il funerale, a inizio dicembre, della famiglia partita da un campo di Ankawa e affogata nell’Egeo è stato un dolore enorme per tutti. Nessuno si illude più. Quasi ogni giorno nei registri dei campi si deve depennare il nome di qualche famiglia. Secondo la diocesi di Erbil, 15mila profughi dei 60mila che si erano stabiliti ad agosto 2014, hanno ormai lasciato la capitale del Kurdistan iracheno. Intanto si aspetta il Natale. Nessuno lo dice, ma la differenza fra i 27 metri quadri e i viali ortogonali coperti di ghiaia dei mille container di Ankawa2 e il fango della stradina che porta ai cunicoli maleodoranti dei due capannoni dismessi di Ashti camp è come un marchio sulla pelle. «A volte è difficile trovare una soluzione a certe situazioni. E va considerato che queste persone arrivano da contesti complicati, perché anche a Qaraqosh vivevano nei quartieri più disagiati», spiega una religiosa irachena. «La gente – prosegue un’operatrice del Jesuit refugee service – è stufa di vedere delegazioni che vengono, scattano una foto e poi se ne vanno. Intanto qui non succede nulla». Nulla o quasi. Martedì sera con una cerimonia è stata inaugurata – alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso e del nuovo console Alessandra Di Pippo – la sede del consolato italiano. Un innalzamento del livello della nostra rappresentanza diplomatica segno di un impegno politico e diplomatico destinato a perdurare. Nei campi, però, si sopravvive come in una terra di nessuno. «Ogni mese fuggono a centinaia», conferma padre Jalal Yako nell’ufficetto del direttore di Ashti 128. «Meno da qui», dice abbassando lo sguardo. Chi non ha uno stipendio statale, chi non ha parenti all’estero, chi non ha risparmi sa già che sarà costretto comunque a restare. Tra pochi giorni Focsiv terminerà la costruzione di un nuovo asilo dopo quello di Ankawa2: due turni da 30 bambini dai 2 ai 4 anni con 8 insegnanti, 3 animatori e 4 allenatori per le attività sportive. Ieri, grazie anche al contributo di Focsiv, la festa di Natale per i bambini: per ognuno Terry Dutto e i suoi collaboratori hanno preparato un giaccone invernale, un paio di calzettoni e un kit con dentifricio e spazzolino da denti. «Cerchiamo di creare un po’ di atmosfera, soprattutto per i bambini», conferma padre Jalal che non nasconde la delusione della sua gente. «Non pensavano di dover celebrare un secondo Natale qui. Ormai nessuno pensa di poter restare. Tornare nella nostra terra, quella la vera buona notizia per tutti noi. Oppure andarsene. Stare qui è impossibile. Qui non c’è più un futuro». Tranne per i più poveri, quelli che sanno di non avere un futuro. Lunedì è arrivata dall’Italia, spedita grazie a dei benefattori italiani e alla congregazione dei rogazionisti, la campana per la chiesa della Trasfigurazione: un prefabbricato costruito in primavera con i fondi di un gruppo francese la scorsa primavera. La notte di Natale la «nakus», suonerà per la prima volta a festa: ad Ashti 128 la chiamano già la “nakus” della speranza.
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