giovedì 19 settembre 2019
Le adesioni in Senato potrebbero salire dopo l’arrivo della forzista Conzatti. L’ex premier punta in tutto a quota 50. L’obiettivo 2022 per eleggere il capo dello Stato
Italia Viva di Renzi in Senato fa 13. E Forza Italia perde un pezzo
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Il giorno dopo lo strappo, lacrime e tensione si avvertono nei Palazzi, dove si aprono e chiudono le porte dei gruppi, con Italia Viva che comincia a prendere corpo. In ordine sparso arrivano 22 deputati, forse 23 (tra cui Gabriele Toccafondi, da Civica popolare), e 13 senatori, tra cui anche uno di Forza Italia, Donatella Conzatti. L’obiettivo è arrivare a 50. Ci sono nomi noti, come Matteo Colaninno, e meno, come Giacomo Portas. E tante rinunce ad abbandonare la casa del Pd per seguire Matteo Renzi. Ormai, però, la bomba è esplosa, e soprattutto nei partiti di maggioranza si cerca di capire quali saranno gli effetti sul neonato esecutivo già alla prova dei fatti.

Il senatore di Scandicci continua a spostarsi da un riflettore all’altro e si accalora a spiegare che Conte non deve temere l’arrivo del "quarto incomodo". «Se la mia presenza è considerata ingombrante, si sappia che non ho fatto questa operazione per sedermi attorno a un tavolo», assicura un Renzi conciliante più che mai. L’ex leader dem, anzi, spende parole generose anche nei confronti del segretario Pd: «Non mi tirerà fuori mezza parola contro Nicola che è un amico. Non esco dal Pd con rancore, odio e antipatia. Esco dopo 7 anni in cui ho dato il cuore al Pd», dice.

Di certo, però, lo smottamento è in corso, e coglie anche le coscienze di quanti avevano creduto nel progetto renziano, ma all’interno del Pd. Così come coinvolge gli altri partiti. L’arrivo della senatrice forzista è il segnale di un malessere generalizzato, dopo l’esplosione dell’alleanza giallo-verde. «Credo che la storia dei fuoriusciti di Forza Italia sia molto pompata, per quanto sia vero che una parte di moderati del Paese non sopporti più Salvini», spiega l’ex segretario-premier. «Ma non siamo una macchina che raccoglie passanti». Italia Viva è un progetto interno all’alleanza di governo: «Nel momento in cui prendiamo l’impegno di garantire che la legislatura arrivi almeno fino all’elezione del presidente della Repubblica, nel 2022, noi non faremo quelli che fanno il controcanto quotidiano». Vale a dire quello che si aspettano invece gli alleati di Pd e M5s. Nell’entourage di Di Maio e Zingaretti già prevedono le sortite quotidiane renziane, che – in quanto forza appena nata – avrà necessità di distinguersi. La sua presenza non faciliterà la vita all’esecutivo, ragionano nei corridoi di Palazzo Chigi. L’unica speranza resta appesa al fatto che Renzi non ha alcun interesse ad andare al voto anticipato e dunque non dovrebbe arrivare a rompere, come ha fatto l’altro Matteo.

Così anche sulla legge elettorale, il leader di Italia Viva si rimette alla maggioranza giallo-rossa: «Noi sosterremo quello che sarà l’accordo di governo, non vogliamo destabilizzarlo». Ma la possibilità che si torni al proporzionale puro, come aveva chiesto il Pd per evitare che il taglio dei parlamentari (così come previsto dai 5 stelle) finisca per penalizzare le minoranze, ebbene non sembra più così certa. Anche perché la difesa del maggioritario da parte di Prodi e Veltroni ha costretto il segretario dem Nicola Zingaretti a convocare una direzione per lunedì sul tema.

Quanto alle coscienze dei renziani della prima ora, il capogruppo al Senato Marcucci sembra rappresentarli al meglio. Il fedelissimo ha la voce spezzata dalla commozione quando ufficializza la sua scelta di restare nel Pd. E non è il solo. Nell’arco della giornata c’è chi si fa avanti e chi torna indietro. Mentre si va stringendo un patto tra Renzi e Nencini, che pare disposto a offrire la sua sigla per consentire al nuovo partito di trovare una casa già collaudata alle elezioni passate, come prevede il regolamento. Rimpolpando così il gruppo. Se l’area di Guerini resiste, si interroga con sofferenza Libertà Eguale che il 27 e 28 si confronterà nell’assemblea annuale, dedicata in origine alle prospettive della sinistra liberale in Italia dopo l’accordo del Pd con M5s.

Rassicurante con chi non cede, Zingaretti incontra i sindaci, dai quali ha avuto grande soddisfazione, visto che a livello locale il Pd non registra defezioni. E dalle realtà locali, il segretario Pd prova a rilanciare il partito.

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