domenica 26 gennaio 2020
Il singolare percorso alla ricerca della fede della fotografa e fondatrice di un’associazione che guida le persone in crisi, deluse dalla vita e afflitte da gravi infermità a ridare un senso alla vita
L'eremo di Camaldoli (Arezzo) nelle foreste del Casentino

L'eremo di Camaldoli (Arezzo) nelle foreste del Casentino

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«Va tutto a gonfie vele, i miei progetti aiutano molte persone ma io non so più dove sono»... «Sento che qualcosa in me va sbriciolando poco a poco le reti nelle quali ero impigliata»... «Dopo tanto peregrinare sono tornata alle mie origini, alla luce di Cristo e al suo messaggio di salvezza».

Sono tre frasi tratte dal libro Nel silenzio dell’eremo (Mondadori, pagine 153, euro 18). Collocate in sequenza, una cinquantina di pagine l’una dal-l’altra, esprimono il percorso di riscoperta spirituale che l’autrice, Enrica Bortolazzi, ha vissuto all’Eremo di Camaldoli in sette giorni, compresa l’ascesa lungo la 'via corta', nei boschi, sul crinale ripido della montagna. «Sono cresciuta nel cristianesimo - spiega lei a precisa domanda -, poi la mia inquietudine curiosa e il lavoro mi hanno portato in giro per il mondo, soprattutto in Oriente: volevo scoprire il segreto della fede, sentire sulla mia pelle la sostanza del credere. Fotografavo i volti delle persone in preghiera per coglierne la serenità, il sorriso. Al sacro Eremo è come se avessi ritrovato le radici e la pienezza della mia vita».

Si è chiesta il motivo per cui non l’ha capito prima? «Ci sono persone che come me hanno bisogno di fare una lunga strada e compiono un percorso che le riconduce al luogo di partenza dove finalmente comprendono che quello che cercano lo hanno sempre avuto». Enrica Bortolazzi, 57 anni, è giornalista, fotografa, organizzatrice di eventi, esperta di religioni orientali, insegnante di yoga. Ma soprattutto è fondatrice, con l’epidemiologo Franco Berrino dell’Istituto dei tumori di Milano, dell’associazione 'La Grande Via', che conduce persone che hanno smarrito il senso della vita, in crisi per gravi malattie fisiche o psicologiche, a ritrovare nuove motivazioni attraverso la riscoperta del contatto con la natura, del silenzio, della cura nell’alimentazione, della meditazione, della spiritualità, della relazione con le persone, dell’armonia col creato. Una proposta che all’apparenza strizza l’occhio a modaioli stili new age, ma che in realtà non si accontenta dell’apparenza, ma attinge a tutte queste fonti con l’obiettivo di giungere al senso profondo delle cose e della vita. Un progetto che, proprio come Enrica, è giunto a definizione quando le circostanze hanno portato l’associazione a insediarsi nella 'Mausolea', un’antica dipendenza del Monastero di Camaldoli, ricca di storia, di bellezza e di spiritualità cristiane.

Da dove nasce l’idea di una simile iniziativa?

Il mio desiderio di viaggiare, alla ricerca del mistero, fra l’Africa e l’Oriente, soprattutto in India, si è trasformato in lavoro, come fotografa, come organizzatrice di viaggi. Con Berrino, che ha sempre seguito i malati oncologici, abbiamo messo insieme le nostre esperienze supportate dalla ricerca scientifica secondo cui la pienezza dello spirito agevola la salute del corpo in una visione integrale dell’essere umano. Nel 2012, poi, è successo un fatto straordinario...

Cos’è accaduto?

In un momento complicato della mia vita ho accettato l’invito di un’amica a passare gli ultimi giorni dell’anno nel Casentino. Salendo per la prima volta a Camaldoli vedo un monaco anziano che cammina verso di me. Mi saluta e io chiedo se ha un po’ di tempo da darmi. Mentre parliamo della mia vita e del senso delle cose a un certo punto chiude gli occhi e dopo lunghi istanti, fissandomi intensamente, mi parla di una donna in India che della condivisione fra le religioni e della necessità di creare luoghi dove le persone possano crescere in consapevolezza ha fatto la sua missione. Qualche mese dopo, in vacanza in India, mi reco all’ashram camaldolese di Shantivanam, centro di incontro fra cristianesimo e induismo. Sosto qualche giorno e parlando con una giovane monaca le chiedo se conosce una donna che aveva fatto della condivisione fra le religioni la sua missione. Lei mi sorride e mi conduce da Marie Louise, una camaldolese indiana avanti con gli anni. Parliamo a lungo, poi mi dice: «Sarebbe importante creare nel mondo luoghi che possano aiutare le persone a crescere in consapevolezza». Quindi mi guarda negli occhi prendendomi le mani. Le stesse parole e gesti del monaco a Camaldoli.

Una coincidenza?

Sebbene in entrambi i casi le avessi sentite come parole dette a me e per me, poteva ancora essere una coincidenza. Ma qualche giorno dopo, a Varkala, un paesino sull’oceano nel sud dell’India, dove c’è un antico tempio dedicato a Vishnu, incontro sulla spiaggia un pandit, un anziano sapiente, che mi invita a sedere con lui. Mi parla di quel luogo e di quell’acqua benedetta che lava i peccati di una vita, poi mi guarda e sottolinea la necessità che in India e nel mondo nascano luoghi che aiutino le persone a crescere in consapevolezza. Per la terza volta la stessa richiesta... Nel 2015 è nata 'La Grande via', che nel 2018 è approdata a Camaldoli.

Far crescere le persone in consapevolezza è diventata la sua missione?

Nei fatti, questa è una società che ci fa crescere da inconsapevoli, da superficiali, senza profondità. A chi viene da noi, deluso o smarrito per le circostanze di una vita che non comprende più, proponiamo un percorso. Poiché non tutti hanno le stesse curiosità e non è nostro compito avvicinare a una fede o all’altra, mostriamo semplicemente le strade della spiritualità. A chi vuole approfondire proponiamo viaggi nei luoghi delle religioni. Spesso li porto in India, in Tibet, sul percorso degli 88 templi in Giappone. Del resto in India, come in Africa, anche il cristianesimo assume connotazioni più vive e profonde: alle messe della domenica ci sono migliaia di persone, il silenzio è silenzio e i canti sono una gioia. Allora le persone opportunamente guidate capiscono che esiste un altro modo di vivere, che c’è un sentire del cuore che può condurre ad affrontare la vita in modo diverso e migliore di quello a cui siamo abituati, fra cose futili e abitudini inutili.

Una nuova spiritualità?

Si fa la scoperta che si può sentire Dio in tutto ciò che facciamo. Che si può trovare spiritualità in ogni gesto o incontro della vita: tutto è creato da Dio e tutto è in connessione; in ogni cosa che faccio esprimo i doni che Dio mi ha dato. Una spiritualità quotidiana. Se viviamo in questa umile consapevolezza anche il nostro rapporto con gli altri cambia. Si apre uno spiraglio, si intravede una piccola luce, ci si sente parte di qualcosa di più grande, non più soli, e si riesce a dare un senso anche alla malattia.

E a Camaldoli?

Chi viene alla Mausolea, dove per secoli i monaci hanno lavorato e pregato su un sentiero di cipressi (mezzo rosario per arrivare in fondo e mezzo per tornare), è invitato a vivere in modo nuovo il suo rapporto con le cose che lo circondano, a riscoprirne la storia e la bellezza. Con leggerezza invitiamo a gustare il silenzio. Ad ascoltare il suono delle campane, i canti sacri all’eremo, all’alba. Insegniamo a ritrovare se stessi nella meditazione. Nella foresta chiediamo di porgere attenzione ai rumori, agli alberi, alle più piccole cose... In questo modo imparano che il gesto più semplice, dal mangiare al camminare, rivela cose nuove. Ai malati nel corpo e nell’anima non proponiamo ricette di guarigione, ma cerchiamo di offrire il nostro tempo, la condivisione della bellezza, la sapienza delle fedi e di conoscenze antiche. E poi spesso i monaci vengono a farci visita, noi andiamo da loro e loro accolgono chi vuole incontrarli. Le persone iniziano così una ricerca che li porterà lontano.

Ma una cosa sono le bellezze dense di storia e di spiritualità della 'Valle dell’Anima', un’altra sono le città dove normalmente la gente vive...

Il malessere delle persone nasce spesso dall’incapacità di riconoscere la bellezza che le circonda. Sono tristi perché fanno quotidianamente scelte che le conducono lontane dalla bellezza. Se alla domenica invece di andare al centro commerciale porto i miei figli al parco o sul lungo fiume qualcosa cambia. Se invece di guardare programmi in tv o di passare ore sui social parlo con chi mi vive accanto qualcosa cambia. Al centro commerciale, alla tv o sui social sono sollecitato da bisogni che non ho, da cose che non servono alla mia vita. La bellezza e la vita vera sono nella semplicità e quando lo scopri non puoi fare a meno di cercarle e di condividerle ogni giorno. (14. Continua) © RIPRODUZIONE RISERVATA CERCANDO LA FEDE/ 14 Da Camaldoli all’India e ritorno

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