domenica 12 novembre 2017
L'articolo del 1848 in cui il beato fondatore dei laici vincenziani presentava l'impegno del suo quotidiano per i concreti bisogni dell'uomo. Parole che si scoprono attualissime
Un quadro che rappresenta la figura di Federico Ozanam che va in soccorso dei poveri

Un quadro che rappresenta la figura di Federico Ozanam che va in soccorso dei poveri

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Nella consueta rubrica dedicata agli scritti di Federico Ozanam, l’ultimo numero del bimestrale della Federazione nazionale della Società di San Vincenzo De Paoli, 'Le conferenze di Ozanam', pubblica l’articolo che proponiamo sull’autentico impegno di un giornale cattolico e dei suoi giornalisti, facendolo introdurre da una 'presentazione' del direttore di 'Avvenire', Marco Tarquinio. Il numero è centrato intorno a un Focus sulla comunicazione nel tempo dei social media; una Prima pagina dedicata al reddito di inclusione; un servizio di Luigi Accattoli sul viaggio del Papa in Colombia e L’inserto sul Simposio internazionale della famiglia vincenziana, che si è tenuto a Roma dal 12 al 15 ottobre nell’ambito delle celebrazioni dei 400 anni dell’opera di San Vincenzo. Ampio spazio, come sempre, alle tante iniziative di carità dei Vincenziani in Italia.


Oggi introduciamo una notevole innovazione nell’Ère nouvelle, e probabilmente nel giornalismo in generale. Da quasi otto mesi sentiamo ripetere da tutti i partiti che la rivoluzione del 1848 altro non farà che dare inizio alla decadenza dell’Europa se questa non inaugurerà il regno della fraternità cristiana e l’avvento temporale del Vangelo. Però i giornali cristiani, dei quali noi non facciamo eccezione, preoccupati principalmente delle speranze o dei pericoli della fede, hanno dato troppo poco spazio a tutto quanto concerne la carità, a quei bisogni temporali degli uomini per i quali la Chiesa stessa è sollecita e prega. D’altra parte, i giornali che si dicono popolari, che si sono votati ardentemente agli interessi della moltitudine, sembrano meno solleciti a impegnarsi per risolvere i loro mali che a suscitarne il malcontento e a controllarne la collera. In effetti, ci si gloria maggiormente di uscire tutti ispirati dall’Opéra, o da un club, per riformare il mondo in un sol colpo e per fulminare con una pagina eloquente tutte le iniquità della società moderna, che non a salire le scale buie della casa dell’operaio, a visitare una scuola, un’officina, un ospedale, luoghi dove si svolge la sua vita, per studiarne lentamente, discretamente i suoi dolori, i motivi di risentimento, giusti o ingiusti, contenti di riuscire a risparmiargli così un po’ di sudore e qualche lacrima. Noi che apparteniamo alla scuola cattolica, cioè a quella di Vincenzo de Paoli, di Lasalle e dei tanti grandi servitori del popolo, noi ci crederemmo indegni di difendere ancora questa tesi della conciliazione del cristianesimo con la democrazia, se non praticassimo i nostri principi, se non tentassimo qualche sforzo per quelle miserie delle quali poc’anzi descriveremmo ai nostri lettori il deprecabile spettacolo; se non approfittassimo dell’emozione che tre settimane fa accolse il nostro primo appello per rinnovarlo, per cominciare e proseguire uno studio regolare dei problemi della pubblica beneficienza. La libertà, l’uguaglianza, hanno i loro giornali: la fraternità avrà il suo. Il numero di ogni domenica avrà d’ora in poi diverse colonne riservate ai problemi di economia caritativa. Inutile dire che il giornale non intende abbandonare gli argomenti di economia politica, amministrativa, finanziaria, e che i problemi dei poveri non ci faranno dimenticare quelli del Paese. Se altri hanno il torto di disdegnare la carità, Dio ci guardi dal disprezzare la scienza! Al contrario, è la scienza stessa che noi proponiamo di mettere al servizio di quelli che soffrono, ma non per creare con la bacchetta magica cieli nuovi, terra nuova, un società senza costrizioni, una vita senza privazioni e di conseguenza senza virtù, che non vorremmo né per loro né per noi.

Noi esamineremo per prima cosa le cause della miseria: ne cercheremo le origini non solo nei disordini esteriori della società, ma nei disfacimenti all’interno dell’animo umano, nel disordine morale, nella debolezza dell’intelligenza e della volontà, che genera più poveri che non la disoccupazione creata dall’industria e da tutti i rovesci degli imperi. Spingendo così lo studio del male fino alle massime profondità, non umiliamo la natura umana, non le togliamo le speranze, non pensiamo di dichiararla incurabile, né di dispensarci dall’occuparci delle sue sofferenze poiché ci occupiamo dei suoi torti. Con tutta la delicatezza che il medico ha per le ferite aperte, tratteremo i punti che riguardano la salute delle classi sofferenti, le abitazioni degli operai, l’igiene delle manifatture e delle aziende agricole, gli approvvigionamenti che garantiscono la sopravvivenza, le distribuzioni che il prossimo inverno permetteranno di vivere a 250.000 persone nei quartieri di Parigi.

Ma l’attenzione al presente non ci distrarrà dal pensiero rivolto all’avvenire. Esso è interamente dedicato all’istruzione, non solo dell’infanzia, ma di tutte le età, nella riforma di questa popolazione cui non faremo mai l’ingiustizia di non favorire. L’ Ère nouvelle si occuperà delle scuole di tutti i livelli, a partire dall’asilo fino ai corsi che dovrebbero fornire l’istruzione professionale agli operai; studierà tutto ciò che riguarda il patronato degli apprendisti, le biblioteche popolari, le associazioni assistenziali e di mutuo soccorso. Infine difenderà il riposo così come ha difeso il lavoro: riprenderà la questione della domenica che non è morta, come si pensa, per un voto sfuggito alla pigrizia e alla distrazione dell’Assemblea nazionale. La severità delle sue ricerche sarà temperata di tanto in tanto da brevi racconti che faranno conoscere, sia nobili vite consacrate al bene del popolo, sia istituzioni create per alleviarne le sofferenze. Consapevoli della dimensione di questo compito, e al tempo stesso della nostra inadeguatezza, sollecitiamo suggerimenti, informazioni da tutte le persone oneste che ci leggono, apriamo un’indagine sulla carità e invitiamo a parteciparvi tutti coloro che hanno il sonno turbato dal pensiero delle sofferenze che ci circondano, tutti coloro che sono al corrente di un male non curato, che mantengono il segreto di qualcosa di buono, fatto nel nascondimento, che possono prestare a questa società malata nella quale viviamo la luce di una bella ispirazione e di un buon esempio. Nello stesso momento in cui vi rendiamo noto che dedicheremo il numero della domenica allo studio e alla difesa degli interessi popolari, annunciamo che a partire dal 15 ottobre, questo numero settimanale sarà venduto nelle vie di Parigi al prezzo ridotto di 5 centesimi. Abbiamo scelto il giorno e il prezzo che permettano al popolo di leggerci, non pensando assolutamente che lo si debba tenere lontano dalle discussioni che lo riguardano, come tanti vorrebbero. Non abbiamo mai visto che la Chiesa abbia cacciato i poveri dal tempio quando vi si predica l’elemosina, né quando si deve leggere la parabola del ricco stolto. Al contrario, bisogna che il popolo cominci a vedere in questa classe sociale [dei cattolici n.d.t.], anche se vi ha sempre visto dei nemici, degli spiriti tormentati dal pensiero dei suoi mali e dei suoi bisogni.

Così il popolo riconoscerà che la sua causa non ha nulla da perdere a essere difesa da uomini che non hanno fatto voto di sterminare la proprietà, di mettere la società a ferro e fuoco, e di essere i nemici del genere umano. Bisogna che il popolo sappia se gli amici veri stanno dalla parte dei socialisti che il 25 giugno andavano ad ammirare alla Bastiglia «il sublime orrore della salva di cannone», o dalla parte del vescovo che vi andava a morire, portando parole di pace. Il vecchio mondo si arrese davanti allo spettacolo dell’amore che i cristiani avevano gli uni per gli altri, il nuovo mondo si arrenderà di fronte alle prove dell’amore che i cristiani avranno per lui.

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