giovedì 28 marzo 2013
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C'è un fronte della ricerca scientifica che come nessun altro ha acceso le speranze di tanti pazienti affetti da malattie incurabili secondo le consolidate conoscenze mediche ma che, grazie alle nuove indagini, hanno potuto sperimentare benefici, in molti casi perfino la guarigione. È la medicina rigenerativa basata sull’uso delle cellule staminali adulte, capaci, per le loro caratteristiche, di riparare lesioni di organi e tessuti. Negli ultimi cinquant’anni in alcune aree della medicina sono state sviluppate vere e proprie terapie salvavita basate su queste cellule, ad esempio la cura per le malattie del sangue, le ustioni, i danni corneali, con risultati più recenti in malattie di grande diffusione come il diabete, le patologie genetiche o neurodegenerative.
In parallelo all’avanzamento delle conoscenze, si è sviluppato un acceso dibattito sulle potenzialità e i limiti dell’uso di queste cellule e non soltanto fra gli addetti ai lavori anche per le molteplici questioni etiche sollevate, come l’utilizzo delle cellule embrionali. Nel dibattito è entrata di diritto anche la riflessione sulla dovuta cautela nella comunicazione delle scoperte, perché l’eccessivo e illusorio messaggio che le staminali guariscano tutto è comunque da evitare. La prova è nella contorta vicenda, in pieno svolgimento, dei pazienti trattati con le cellule staminali secondo il discusso metodo della Stamina Foundation. Molte le componenti in gioco: la gestione della vicenda da parte delle autorità sanitarie, il ruolo giocato dai vari giudici cui si sono rivolti i pazienti e le loro famiglie, le reazioni dell’ambiente scientifico (e non) sulle misure adottate in corso d’opera, la discesa in campo di personaggi noti che si sono fatti carico dell’appello dei familiari facendo salire la pressione mediatica e generando movimenti di opinione...
È giusto vietare terapie che non hanno ancora soddisfatto i criteri di sicurezza ed efficacia ma che sembrano imporsi per motivi compassionevoli? Dal Ministero della Salute è arrivato il via libera alla prosecuzione del metodo Stamina per i pazienti che hanno già avviato i trattamenti, «sulla base del principio etico per cui un trattamento sanitario già avviato che non abbia dato gravi effetti collaterali non deve essere interrotto». Ma anche questo solleva molte domande, sulle quali riflette Antonio Uccelli, uno dei massimi esperti italiani del campo delle staminali, responsabile dell’Unità di neuro-immunologia del Dipartimento di neuroscienze dell’Azienda Ospedale San Martino e Università di Genova, che indaga da tempo il ruolo delle staminali mesenchimali nella sclerosi multipla coordinando la prima sperimentazione clinica di fase II nel mondo mirata a studiare l’efficacia nell’uomo di queste cellule.
«Mi occupo di sclerosi multipla, una malattia neurodegenerativa fortemente invalidante, e conosco fin troppo bene la disperazione dei pazienti e delle loro famiglie che quotidianamente ricevo nel mio ambulatorio: spesso, finiscono col chiedermi informazioni sulle nuove cure con le staminali o di potervi direttamente accedere. Ma questo non è possibile: in assenza di dati scientifici sarebbe una strada estremamente rischiosa. I pazienti che arruoliamo nelle nostre sperimentazioni vengono scelti secondo criteri messi a fuoco dopo aver raccolto le evidenze scientifiche che permettono un’approfondita valutazione dei pro e dei contro nella statistica dei casi». Uccelli prova a spiegare meglio con un esempio: «Quando si deve costruire una casa occorre affidarsi a un architetto e a un ingegnere, e non procedere a caso. La medicina non può essere un far west dettato dall’emotività e da pressioni di vario tipo: lo dico con il massimo rispetto del dolore e della sofferenza dei malati che conosco fin troppo bene».
Secondo lo scienziato «dire che "il paziente è stato meglio dopo il trattamento" non significa nulla». Cosa dire allora a chi si aggrappa a queste terapie non garantite come a un’estrema speranza? «La mia risposta è che mettiamo a rischio non solo la loro vita ma anche quella degli altri pazienti e il futuro dell’intera ricerca del settore. Se l’uso improprio delle staminali comportasse conseguenze gravi tutta la comunità dei pazienti presente e futura ne risentirebbe, e uccideremmo invece la speranza che si alimenta dei risultati positivi certi raggiunti. Sicurezza ed efficacia sono i paletti entro cui muoversi proprio per la tutela di tutte le persone che soffrono. Ho difficoltà a condividere fino in fondo il decreto del Ministero perché i dubbi sulle cellule in questione non sono stati fugati».
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