giovedì 18 dicembre 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
«Lascia sconcertati il comunicato con cui la Corte di giustizia europea annuncia la brevettabilità dell'ovulo umano non fecondato. Si apre la strada alla possibilità di mercificare l'umano e alla commercializzazione di copyright assolutamente non condivisibili, soprattutto in relazione a successivi sviluppi». È il commento di Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell'Associazione Scienza & Vita. «Non si tratta di essere contro la ricerca, ma di ricordare che brevettare ciò che deriva dal nostro corpo significa cedere il nostro patrimonio genetico all'industria. Già alcuni anni fa con il test sul tumore alla mammella, l'Europa aveva deciso di non brevettare il semplice scoprire una sequenza di Dna, dichiarando che le sequenze di Dna così come sono non sono brevettabili perché patrimonio dell'umanità. Così come nella sentenza Brüstle del 2011, che aveva ribadito la non brevettabilità dell'embrione perché essere umano». «Oggi si consente di brevettare commercialmente una cellula umana riproduttiva manipolata, ridefinendo quello che è un dato di natura in un'opera dell'ingegno perché ricombinata artificiosamente. Una parte di corpo umano, per di più concernente un ambito delicatissimo come quello riproduttivo, oggi è stata dichiarata "cosa". Quali ricadute potrà avere questa decisione? E se un domani, per lo stesso principio, si dichiarasse brevettabile uno spermatozoo modificato? Cosa accadrebbe se si decidesse di unire queste due "cose" brevettate? Restano ineludibili le implicazioni etiche che ineriscono la manipolazione e lo sfruttamento dell'umano: tacerle in nome del mercato è irresponsabile».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: