mercoledì 23 luglio 2014
​Cosa si può fare? Tutte le domande aperte sulla tecnica
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Che cos’è la fecondazione eterologa? Nell’ambito delle tecniche di procreazione assistita si parla di fecondazione eterologa quando il seme oppure l’ovulo utilizzati provengono da un soggetto esterno alla coppia di genitori del nascituro, il quale presenterà quindi un patrimonio genetico diverso da quello di coloro che intendono allevarlo. Nella legge 40, che norma la provetta in Italia, l’articolo 4 vietava il ricorso alla tecnica. Il divieto è stato cancellato lo scorso 9 aprile da una sentenza della Consulta: per i giudici la scelta di una coppia sterile di ricorrere all’eterologa è «espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi». Quali centri possono praticarla? Sia i centri pubblici che privati, purché siano accreditati. La procedura di accreditamento, tuttavia, esiste e ha valore per quanto riguarda la fecondazione omologa. Nel caso dell’eterologa entra in gioco un soggetto esterno ed estraneo alla coppia, per cui servono requisiti diversi e specifici che non sono stati stabiliti. Si va dal registro dei donatori al percorso di tracciabilità dei gameti, da un elenco di test ed esami volti ad escludere patologie a un limite per le donazioni. Punti su cui la Corte Costituzionale non si è espressa e che si riferiscono all’applicazione tecnica e alle gestione amministrativa della procedura. Perché servono delle linee guida ministeriali? Proprio per stabilire tutte le regole della nuova tecnica. Occore che siano uguali e applicate con omogeneità in tutto il territorio nazionale, sia nei centri pubblici che privati, sia per quanto riguarda le coppie che i donatori. La sentenza della Consulta d’altronde non basta a risolvere le questioni più spinose. Quella dell’anonimato è l’esempio più lampante: nella sentenza che ha reintrodotto l’eterologa in Italia i giudici prima spiegano che la questione è già normata dalla disciplina concernente la donazione di tessuti e cellule umani (che l’anonimato del donatore garantisce), poi però si appellano al diritto imprescindibile di ogni individuo conoscere le proprie origini biologiche (facendo riferimento, stavolta, alla legge sull’adozione, che l’anonimato compromette). In questo caso nemmeno le linee guida saranno sufficienti, perché trattandosi di diritti soggettivi soltanto una nuova legge potrà stabilirli. Come si seleziona un donatore di gameti? A oggi non è dato saperlo, visto che la già citata disciplina concernente la donazione di tessuti e cellule umani (il decreto 191 del 2007) si applica al materiale biologico messo a disposizione in senso ampio a uso clinico. La donazione di gameti, invece, è rivolta a dare origine a una vita umana: entrano in gioco il dna e l’identità genetica di un individuo. Così come non è dato sapere a che tipo di selezione si possa procedere senza incorrere nel rischio di violare il divieto (che permane nella legge 40) di eugenetica. Quest’ultimo si applica agli embrioni, ma la selezione del donatore si riflette ovviamente anche su quella dell’embrione. In che sanzioni incorre chi non ha atteso le linee guida ministeriali sull’eterologa? In sanzioni amministrative, riguardo alla mancanza di procedure da seguire (si sono dovute attendere anche dopo la legge 40, per l’omologa). E poi anche in reati civili e penali, qualora il consenso informato fatto firmare alle coppie e ai donatori non sia veritiero. Per esempio, tornando alla questione dell’anonimato, se al donatore fosse stato assicurato di non poter mai essere rintracciato dal figlio biologico o se alla coppia fosse stata assicurata la sicurezza dei gameti e invece non fossero stati eseguiti tutti i trial clinici richiesti. In questo caso sarebbe stato commesso un falso materiale e ideologico. (ha collaborato Alberto Gambino, ordinario di Diritto privato all’Università europea di Roma)
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