giovedì 16 ottobre 2014
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Congeli i tuoi ovociti perché non è il momento giusto per diventare mamma? Paga l’azienda. È l’ultimo «benefit» introdotto dalle compagnie della Silicon Valley. E viene subito un sospetto: non è che posticipare la maternità sia più vantaggioso per il business che per le donne?Facebook dal gennaio scorso offre il rimborso per il congelamento degli ovociti e la Apple inizierà dal 2015. La notizia si è diffusa ieri e ha provocato un dibattito che ha preso in contropiede le stesse aziende, convinte di offrire un servizio alle loro dipendenti, visto il costo (10mila dollari, più 500 per ogni anno) e la diffusione della procedura tra le donne americane in carriera. Perché qui non si tratta di cure mediche – congelare gli ovociti è una pratica in uso quando una giovane donna si sottopone a terapie che ne possono compromettere la fertilità – ma solo di posticipare la maternità perché "prima" si ritiene di dover fare altre cose, evidentemente più importanti di un figlio. Carriera, ad esempio.Le aziende si giustificano spiegando che nel pacchetto dei benefit ci sono anche ferie supplementari dopo la nascita, permessi speciali per i genitori, orari flessibili. Ma non sembrano giustificazioni convincenti. Giustamente Scienza & Vita in un comunicato fa notare che «sembra il tentativo di introdurre una nuova forma di sterilizzazione per le giovani donne che lavorano». Non solo: c’è un elemento di forte discriminazione sessuale: sono le donne, e solo loro, a congelare la propria fertilità per restare più attive (da giovani) in ufficio. Il ruolo di madre, dunque, subordinato a quello di lavoratrice, cosa che non accade a un padre. E poi: è giusto che le aziende incidano, con le loro scelte di welfare, su questo specifico comportamento riproduttivo delle loro dipendenti, quando tutti i medici del mondo consigliano di avere figli ben prima della mezza età? Per finire con uno slogan: piuttosto che congelare gli ovociti, sarebbe meglio congelare il lavoro. Giusto un po’, il tempo di mettere al mondo un figlio.
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