lunedì 8 ottobre 2012
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«Questa giurisprudenza, se confermata in decisioni successive, porrebbe in essere una grave discriminazione nei confronti dei disabili, per i quali, secondo la Terza sezione civile della Cassazione, potrebbe essere preferibile l’essere abortiti che nascere con una forma di handicap». La lettura delle motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha concesso il diritto al risarcimento del “danno” a una bambina Down, nata senza che il medico diagnosticasse la sua malattia, non convince il professor Filippo Vari, docente di Diritto costituzionale all’Università Europea di Roma.«Stiamo parlando – aggiunge Vari – di una sentenza molto complessa, che tocca, in maniera spesso discutibile, temi di enorme portata, inserendosi in un dibattito giurisprudenziale che si trascina da decenni e che riguarda, per esempio, anche la possibilità per il figlio di rivalersi sui genitori che l’hanno fatto nascere malato. Siamo dunque di fronte a tematiche molto delicate, spesso trattate con approssimazione; quest’ultima sentenza, tra l’altro, per certi aspetti ne smentisce altre, anche della stessa Cassazione».Secondo il giurista, inoltre, questo pronunciamento della Corte suprema è in contrasto anche con la giurisprudenza costituzionale, «che pure ha aperto la strada alla legge 194 sull’aborto». «La Corte costituzionale – ricorda Vari – dice, in maniera non condivisibile, che il concepito è “uomo”, ma non “persona”. Questa sentenza addirittura dice che il concepito non è né essere umano né persona», ma che può, soltanto, essere «oggetto di tutela».Anche sulla possibilità, per la bambina nata Down, di ottenere il risarcimento del “danno”, il professor Vari discorda nettamente. «Per un caso analogo – ricorda – in Francia anni fa si aprì un grande dibattito, che vide in campo anche le famiglie dei disabili. E fu proprio in forza della loro reazione sdegnata, della loro capacità di sensibilizzare l’opinione pubblica, che il Parlamento francese approvò, con un’ampia maggioranza trasversale, una legge che dice, in sostanza, che l’evento della nascita non può mai essere considerato un pregiudizio».Per la bambina di Treviso, infatti, l’alternativa era tra nascere e non nascere, non aveva altre possibilità. E quindi, ribadisce Vari, è criticabile l’atteggiamento della Cassazione che ha considerato un danno, rispetto all’aborto, la condizione di disabilità della bambina fatta nascere. «Come si sentiranno feriti i bambini Down da queste posizioni della Cassazione e certo un risarcimento pecuniario non li consolerà», nota Vari. A questo proposito, ricorda una celebre frase del giurista Francesco Carnelutti che, in relazione a un caso deciso dal Tribunale di Piacenza nel 1950, che aveva accertato la responsabilità del padre nei confronti del figlio cui era stata trasmessa, all’atto del concepimento, una malattia, così si espresse: «Se un malato vale meno di un sano, a fortiori la vita, anche di un malato, vale qualcosa mentre la non vita non vale nulla. E questo, badiamo, non è un gioco dialettico ma il riconoscimento della più alta verità: a prescindere dalle possibilità sempre maggiori di guarire, per chi non confonde il male col morbo e col dolore, proprio la vita d’un malato può raggiungere le vette più alte. Se Leopardi fosse stato un atleta, mancherebbe, assai probabilmente, al mondo una delle sue bellezze più pure».
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