giovedì 4 aprile 2013
Nuovo tentativo di scardinare la legge 40. I giudici hanno chiesto alla Corte costituzionale di accertare se esista una questione di legittimità legata al divieto di fecondazione eterologa in Italia. (Antonella Mariani)
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Un nuovo tentativo di scardinare la legge 40, precisamente laddove - nell'art. 4 comma 3 - stabilisce il divieto di praticare la fecondazione eterologa (che fa uso di gameti, ovuli o seme, esterni alla coppia). La prima sezione del Tribunale civile di Milano, in un'ordinanza depositata il 29 marzo scorso, ha chiesto alla Corte costituzionale di accertare se esista una questione di legittimità legata proprio a quel divieto. La tesi è che le coppie italiane con problemi di fertilità "risultano trattate in modo opposto solo in virtù del tipo di patologia che affligge l'uno o l'altro dei componenti della coppia".

La questione è semplice: in Italia possono accedere alla provetta solo le coppie con problemi di sterilità o infertilità comprovati e senza intervento di donatori esterni. Nella coppia che ha dato vita a questa nuova vicenda giudiziaria, il marito è "affetto da azoospermia completa" e dunque la sua unica possibilità di procreare è legata alla donazione di gameti, pratica vietata in Italia. Grazie all'assistenza di un team di avvocati particolarmente agguerriti, nel 2010 la coppia ha presentato ricorso al Tribunale civile di MIlano per chiedere di poter accedere all'eterologa "per poter provare ad avere un figlio in Italia, non potendosi permettere economicamente di recarsi all'estero", come spiega un componente del team legale della coppia, Marilisa D'Amico, avvocato e consigliere comunale milanese del Pd.

Il Tribunale aveva investito della questione la Corte costituzionale facendo leva sul fatto che in precedenza la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo aveva condannato l'Austria proprio per il divieto di eterologa contenuto nel suo ordinamento. Ma è successo che nel novembre 2011 quel verdetto fu ribaltato dalla Grand Chambre e dunque la Corte costituzionale nello scorso giugno aveva rimandato indietro la richiesta dei giudici italiani (insieme ad altre di diversi tribunali), chiedendo di  "accertare, alla luce della nuova esegesi fornita dalla Corte di Strasburgo, se ed entro quali termini permanga il denunciato contrasto" tra la legge 40 e le norme costituzionali.

Il Tribunale civile di Milano ci ha pensato su e nei giorni scorsi ha concluso che la sua richiesta di ricorso è ancora valida: il divieto di fecondazione eterologa, insomma, si metterebbe in contrasto con alcuni principi costituzionali, tra cui il diritto "all'autodeterminazione" della coppia, al principio di eguaglianza tra le coppie e al diritto alla salute. Diritti abbastanza discutibili, soprattutto il primo, che sembra costuituire una pretesa al figlio inesistente sia per natura sia per legge. Nell'ordinanza viene anche evidenziato che "il divieto normativo presente nella legge 40 condiziona la possibilità delle coppie eterosessuali sterili o infertili nel proprio diritto di determinare la propria condizione genitoriale e, quindi, di poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare".

Ora spetta alla Consulta pronunciarsi. Ma già gli strenui oppositori della legge 40 esultano: "E' una notizia molto positiva - ha commentato Marilisa D'Amico - perché entro qualche mese, forse entro la fine dell'anno, le coppie in Italia potrebbero aver accesso alla fecondazione eterologa". Una esultanza davvero prematura.

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