mercoledì 23 luglio 2014
​Il ministro Lorenzin detta i tempi. E smentisce gli annunci delle prime gravidanze
Basta pregiudizi. I nodi da sciogliere (F.D'Agostino)
LA SCHEDA Regole e vuoti. Le domande aperte
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Al momento «non mi risultano gravidanze» da fecondazione eterologa, ha dichiarato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, commentando le notizie circolate sulle prime coppie in attesa. Una – lo ricordiamo – nella clinica Matris di Milano, dove ieri i Nas sono tornati per acquisire ulteriore documentazione e si sono visti opporre il segreto professionale e il rifiuto della consegna degli atti. In merito alla spinosa vicenda la Lorenzin ha ricordato, d’altronde, che «nessun centro può effettuare l’eterologa senza l’autorizzazione della Regione», sottolineando come vi sia un tavolo tecnico al lavoro per elaborare indicazioni sulle linee guida in materia. Linee che, dopo la stesura finale ad opera del ministero, saranno consegnate il 28 luglio alla Camera. Alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, sarà invece presentata una legge, assicura il ministro, «per il recepimento della direttiva Ue». Infatti, se è vero che la fecondazione eterologa oggi non è più vietata, è meno pacifico che tutte le criticità aperte dalla sentenza della Corte Costituzionale siano state cancellate. Le notizie di questi giorni hanno rinfocolato il dibattito e sollecitato la necessità di una regolamentazione più che mai necessaria per la tutela delle coppie e, soprattutto, dei nascituri. Si confermano irrisolte questioni cardine come lo screening dei donatori, la gratuità della donazione, il limite al numero di donazioni possibili, l’anonimato dei donatori. Tutti punti che pongono una serie di problematiche non eludibili, al centro dell’ultima riunione del tavolo tecnico. A partire dalla questione della provenienza dei gameti (e della qualità e sicurezza degli stessi), per cui va previsto un percorso di tracciabilità e un registro. Così come è aperta la questione della previsione di forme di rimborso per i donatori. Per esempio, il prelievo degli ovociti per una donna non è agevole: dopo una massiccia stimolazione ormonale per stimolarne la produzione, gli ovociti vengono prelevati tramite agoaspirazione, eseguita a seguito di sedazione profonda. Per questo“disagio” dovrebbe essere previsto una sorta di indennizzo, la cui quantificazione è tutta da definire, dato che a norma di legge non è possibile retribuzione alcuna, anzi, il tutto va svolto all’insegna della gratuità. Non a caso le cliniche denunciano già la carenza di donatrici, cui si cerca di ovviare proponendo il ricorso all’egg-sharing, l’utilizzo di ovociti eccedenti da donne che si sono precedentemente sottoposte a tecniche di Pma. Ma questi ultimi, crioconservati, appartengono a donne la cui età media è elevata (38 anni circa) e con problemi di fertilità. E gli anni non sono un requisito indifferente: biologicamente, al crescere dell’età anagrafica, vi è un naturale decadimento fisiologico delle cellule. Per questo, secondo alcune anticipazioni, gli esperti del ministero, sulla base della documentazione internazionale di riferimento, avrebbero fissato un preciso limite di età per donatori e donatrici: rispettivamente di 45 e 35 anni, mentre per la coppia ricevente si indica più genericamente che le donne debbano essere in età potenzialmente fertile. Per quanto riguarda la garanzia dell’anonimato del donatore, in aperta contraddizione con il diritto del figlio a conoscere le proprie origini genetiche e la cui abolizione in altri Paesi ha visto il crollo delle donazioni, dal tavolo tecnico sarebbe emersa la previsione di “aperture” in caso di particolari esigenze di tipo sanitario e medico. E ancora: quanti figli saranno attribuibili a un singolo donatore? Questione che sta a cuore anche al ministro Lorenzin, che sul punto ha precisato: «Non è che da un donatore di sperma possano nascere mille bambini. Stessa cosa per gli ovociti».
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