martedì 28 aprile 2015
Il Coni invoca leggi speciali. Alfano: «I club devono fare di più» Tavecchio: «Federcalcio sarà parte civile». Il Sir: «Basta pannicelli caldi»
Questo Calcio è da sospendere di Italo Cucci
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Più che bomba o non bomba, la questione pare diventata un’altra: era torinista o juventina la mano che ha lanciato l’ordigno? L’esplosione allo stadio di Torino domenica c’è stata, l’attesa decisione del giudice sportivo ieri, invece no. Impossibile capire al momento, per Tosel, chi fosse l’autore del lancio. Impossibile applicare da subito la “tolleranza zero” di nuovo invocata da tutti per l’ennesimo caso di violenza nel calcio.Gli interrogativi che ruotano intorno alla bomba carta (o petardo, nemmeno su questo c’è chiarezza) esploso all’Olimpico di Torino in occasione del derby riguardano la dinamica dell’esplosione che ancora non è stata chiarita e che, in sede investigativa, ha offerto una duplice lettura. Dapprima si è pensato che a confezionare la bomba carta fossero stati gli stessi ultrà torinisti, poi nuovi video visionati dalla polizia hanno confermato la responsabilità degli juventini. In attesa delle risultanze dell’indagine, il giudice sportivo, Gianpaolo Tosel, ha quindi rinviato ogni decisione, chiedendo un supplemento di indagine alla procura federale che ha aperto l’inchiesta. «Le bombe carta i nostri tifosi le hanno subite – taglia corto il presidente granata, Urbano Cairo –. Erano già accadute cose brutte: ricordo allo Juventus Stadium un cartello che inneggiava a Superga. Tutti dovremmo abbassare i toni, darci una regolata».Fin qui i fatti cronaca, ma oltre al petardo, Cairo non sottolinea che domenica c’è stato anche un feroce assalto al pullman della Juventus. Gli arresti sono stati cinque in tutto, «ma complessivamente con i denunciati arriviamo a 15 persone. Nei confronti di tutte queste persone sono già operativi i Daspo e stiamo continuando perché stiamo identificando altri che hanno partecipato all’assalto», precisa  il questore di Torino, Salvatore Longo.I commenti del giorno dopo sono tutti all’insegna della solita “tolleranza zero”: «Sono stanco – sintetizza il capo dello sport italiano, Giovanni Malagò –. Le sanzioni del giudice sportivo non sono sufficienti a fare cambiare l’atteggiamento di alcuni signori. Dobbiamo assolutamente andare in linea con le disposizioni legislative assunte dal governo Thatcher contro gli hooligans. Servono sanzioni fuori dall’ordinario, altrimenti chi paga dazio è il Paese». Una presa di posizione condivisa anche dal ministro dell’Interno Alfano che si dice pronto «a rivedere l’azione di governo se serve e a incontrare società e Coni, ma a patto che nessuno si sottragga alle proprie responsabilità. Abbiamo fatto tanto ma non possiamo fare tutto, anche le società devono fare la loro parte». Il messaggio di Alfano è chiaro: «Ad agosto abbiamo fatto un decreto molto importante che ha ottenuto dei risultati: in Serie A i feriti civili sono passati da 41 a 22, i feriti tra le forze dell’ordine da 26 a 24 e tra gli steward da 24 a 3. Siamo pronti a fare dell’altro se serve, ma il patto con le società prevedeva la settorializzazione di tribune e curve, una migliore preparazione degli steward, l’interruzione da parte delle società di ogni compiacenza nei confronti degli ultras estremi. Noi abbiamo catturato molti teppisti, abbiamo attivato 5.079 Daspo, 1.742 dei quali emessi in questa stagione – ha concluso – ma le società devono fare la loro parte».Unanimi le reazioni del mondo del pallone, anche se il problema pare eternamente irrisolvibile. In particolare è difficile digerire il fatto che negli stadi italiani entri di tutto, dagli striscioni offensivi alle armi, mentre la gente per bene subisce ispezioni corporali minuziose agli accessi. «Abbiamo chiesto un incontro urgente ad Alfano», dice dal consiglio federale il presidente della Figc, Tavecchio. E la sera rincara al Processo del Lunedì: «Portare una bomba all’interno dello stadio è l’atteggiamento di un pazzo e noi dovremo spendere tutto il prestigio federale perché dobbiamo essere difesi. La Federcalcio si costituirà parte civile e chiederemo i danni».Il segretario generale Uefa, Gianni Infantino, ricorda che «in Inghilterra dal 2001 sono state escluse 19.000 persone dagli stadi e non ci sono più problemi». In più – aggiunge il tecnico dell’Inter Roberto Mancini, che ha allenato in Premier League – là chi sgarra in 24 ore viene arrestato». L’ex bandiera dell’Inter Javier Zanetti invoca un esame di coscienza; Marcello Lippi vuole «pene severe come in altri Paesi»; infine il Codacons arriva a chiedere un anno di calcio a porte chiuse. Anche il Sir, l’agenzia della Cei, ha commentato in un editoriale gli scontri di Torino sottolineando che «c’è solo la via della repressione e della prevenzione. Mettendo in campo anche l’intelligence per stanare le sacche ombrose del tifo violento». Che può essere fermato – prosegue la nota – se si rinuncia a «false indignazioni, incertezze legislative, connivenze pericolose con le frange violente delle tifoserie, ammiccamenti e concessioni indicibili. Dinanzi a tutto questo, non ci sono pannicelli caldi. Si dirà che questo non è sport, ma solo teppismo. Ma se è così, perché non riusciamo ad estirparlo dalle nostre domeniche calcistiche? La domanda, purtroppo, è vecchia ormai di almeno trent’anni. Anni e campionati buttati via, fra polemiche e false indignazioni».
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