giovedì 23 ottobre 2014
​Massimo Moratti si è dimesso dalla carica di presidente onorario del club nerazzurro e ha ritirato dal Cda della società i tre membri che lui stesso aveva espresso: suo figlio Angelomario, Rinaldo Ghelfi e Alberto Manzonetto.
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L’aspetto “estetico” più bizzarro della vicenda, anche se di certo non quello sostanziale, è che per la prima volta nella storia del calcio italiano è l’allenatore che licenzia il presidente. La risposta (al veleno) di Walter Mazzarri al suo presidente onorario dell’altro giorno infatti è stata probabilmente l’ultima goccia nel vaso: non determinante, probabilmente, ma il suo peso l’ha avuto. L’aspetto più importante invece è che da oggi, dopo 19 anni, la famiglia Moratti non compare più nell’organigramma dell’Inter. Massimo Moratti infatti si è dimesso dalla carica di presidente onorario del club nerazzurro e ha ritirato dal Cda della società i tre membri che lui stesso aveva espresso: suo figlio Angelomario, Rinaldo Ghelfi e Alberto Manzonetto. Un colpo di scena, inatteso, soprattutto per chi - e sono in tanti - da tempo sosteneva che il vero presidente ombra dell’Inter fosse rimasto lui. Alla faccia dell’arrivo di Thohir e delle truppe indonesiane che hanno preso possesso giusto un anno fa delle poltrone nerazzurre. In realtà Moratti non esce completamente di scena, visto che detiene ancora il 29,5% delle quote dell’Inter, ma le conseguenze sono tutte da capire. La porta sbattuta da Moratti è la conseguenza di ciò che è accaduto negli ultimi giorni. Lunedì l’assemblea dei soci aveva approvato il bilancio 2014, con un “rosso”di 103 milioni di euro, tanti davvero anche per le abitudini del pallone. Al termine il presidente onorario aveva rilasciato dichiarazioni non leggere nei confronti dell'allenatore Mazzarri: «Se la squadra non migliorerà, per lui saranno guai... Mi chiedete se io l’avrei esonerato? Ma io non sono un buon esempio, ne ho esonerati tanti di allenatori…». Concetti questi che Mazzarri non ha affatto gradito. Al punto da permettersi di replicare con inconsueta durezza nei confronti di un personaggio che non solo l’ha assunto, ma che resta un azionista di forte peso: «Non ho tempo di rispondere a Moratti, devo conservare le energie per badare alla squadra», le secche parole del tecnico. Logico che Moratti non l’abbia presa bene. Anche perché nessuno in società ha fatto notare a Mazzarri di aver esagerato. Infatti oggi pomeriggio sono arrivate le dimissioni dall’Inter del petroliere, e al contempo il ritiro dei suoi rappresentanti dal Cda. Ma che non possa essere solo una questione di battute, è chiaro. Già da tempo Thohir aveva di fatto estromesso Moratti, i suoi uomini e le vecchia società da tutte le linee di comando del club, sia a livello dirigenziale sia a livello tecnico. Giocatori (gli argentini soprattutto - tranne Zanetti che ha però un ruolo di immagine e senza poteri - fedelissimi a lui e allontanati uno dopo l’altro), medici, personale tecnico e uomini mercato. Un taglio netto che avrebbe amareggiato molto Moratti, spingendolo a farsi definitivamente da parte. Erick Thohir ha espresso «stupore» alla notizia, ma per il momento non ha annunciato - ufficialmente almeno - alcun tentativo di dissuadere il suo predecessore dalla scelta fatta. Da oggi l’indonesiano sarà ancora più solo al timone. Con il peso di un passivo di bilancio pesantissimo con cui convivere, e probabilmente con la necessità di trovare un nuovo azionista di minoranza.
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