sabato 30 maggio 2015
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Lo slalomista che doma le rapide è di nuovo in acqua a pagaiare agli Europei di Markkleeberg, ma con un obiettivo ben scolpito in testa: difendere il prossimo anno a Rio il titolo olimpico conquistato a Londra. A quasi 31 anni, Daniele Molmenti è un uomo maturo, non soltanto un canoista di razza, ma anche un marito e un papà affettuoso.Daniele, come è trascorso il triennio dopo l’oro a cinque cerchi?«Il primo anno mi sono preso una pausa e ho portato a casa l’oro iridato a squadre. La seconda stagione volevo fare bene al Mondiale, ma per un banale tamponamento in auto ho dovuto dire addio alla rassegna. Quest’anno ho ricominciato alla grande perché il grande appuntamento stagionale è ormai prossimo. Il campionato continentale è solo una tappa intermedia. Il momento clou del 2015 sarà il Mondiale di settembre a Londra. Lì saranno assegnate le carte olimpiche».Come giudica la preparazione svolta sinora?«Sono tornato a svernare in Australia, come avevo già fatto prima delle Olimpiadi. Mi sono allenato bene e sto ritornando competitivo. I rivali sono sempre più numerosi e forti. Soprattutto i giovani: non hanno niente da perdere e ci provano anche con spericolatezza».L’oro olimpico ha cambiato la sua vita?«Certo. È cambiato il rapporto col mondo. Ora oltre ad essere un atleta, sono anche un punto di riferimento. Quindi diventa una responsabilità tutto quello che fai e che dici, perché i ragazzi ti guardano».Cosa le rimane dell’emozione londinese?«La certezza di aver fatto le cose nel migliore dei modi e la convinzione che con il sacrificio si ottiene tutto».La sua giornata-tipo?«Sveglia presto e qualche esercizio fisico già prima di colazione. Poi allenamento in barca per qualche ora al mattino, breve riposo dopo il pranzo, quindi allenamento pomeridiano in canoa o in palestra. Infine, dopo cena, una corsetta per chiudere la giornata».Non le pesa tutto questo sforzo?«Affatto. Sono conscio che per essere un vincente occorre allenarsi tanto. Ma col passare degli anni i tempi di recupero diventano importanti. Più dei carichi di lavoro, la cosa che mi pesa è lo spostamento continuo da un canale all’altro, perché purtroppo nel nostro Paese mancano impianti di gara».Solito difetto italiano: l’assenza di strutture.«In quasi due decenni di attività ho ascoltato un sacco di promesse su nuovi impianti, ma di concreto non ho visto nulla. Da un po’ di tempo sono stato coinvolto nel progetto del Dolomiti Water Park a Longarone, speriamo che almeno questo possa essere portato a termine».Il suo trionfo olimpico ha fatto aumentare i praticanti della canoa slalom?«I numeri dicono di sì. La scuola italiana dello slalom è solida. A livello agonistico in squadra nazionale abbiamo alcuni giovani molto forti, tra cui De Gennaro e Romeo. Si tratta però di uno sport silenzioso, perché in pochissimi seguono le gare».È infastidito che in Italia si parli del suo sport solo in occasione dei Giochi olimpici?«Non più di tanto. Il mio compito è vincere sempre, non solo alle Olimpiadi. Se ai media non interessa che nel mio palmares ci siano tre Europei, un Mondiale e una Coppa del mondo, non posso farci niente. È chiaro però che, se le televisioni mi seguono solo ai Giochi, anche la gente mi riconoscerà solo per quello. Sono conscio del fatto che se vincessi il quarto Europeo, in Italia ci potrebbe essere il silenzio totale sulla notizia».Come mai da piccolo decise di praticare la canoa slalom?«Fu una scelta casuale, ma una volta salito in barca non sono più sceso. È uno sport stupendo che ti consente di stare a contatto con la natura, all’aria aperta».Invidia qualcosa ai calciatori? «Nulla. Se il calcio è seguito da tanta gente è naturale che anche i guadagni siano superiori. Di certo non ho scelto la canoa per diventare ricco. Anzi, tutti i soldi che ho speso di tasca mia per le trasferte sono stati superiori a quanto incassato dopo l’oro olimpico. Da giovane lavoravo in estate e nei week-end per potermi pagare gli allenamenti, poi per fortuna sono entrato nel gruppo sportivo della Forestale».La mente è già a Rio 2016 o è ancora presto? «Ci penso da quando sono tornato a casa dopo Londra. Ma adesso ho anche altri pensieri. Fino al 2012 ero uno spirito libero. Poi ho deciso di mettere su famiglia. Ho sposato Eleonora, che due mesi fa mi ha regalato il piccolo Martino: quando sto con loro sono felice».Peccato che riesca a stare a Pordenone solo pochi mesi all’anno...«È un sacrificio che abbiamo messo in conto. È dura, ma bisogna farlo se si vuole eccellere nello sport».
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