martedì 22 dicembre 2015
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Sciare per vivere, per spostarsi sulla neve: lo si faceva nel 3000 avanti Cristo, e lo testimoniano pitture rupestri norvegesi. Sciare nella speranza di sopravvivere, inquadrati in un battaglione d’alta quota: toccò ai soldati durante la Guerra dei trent’anni (1618-1648), agli alpini che cent’anni fa arrossarono le nevi dolomitiche nel cuore della Grande guerra, e a tanti altri volti della storia rapiti dall’odio umano. Una cosa è certa, per la Fondazione museo storico del Trentino che ha studiato la materia: fino al 1860, nessuno sa dire se qualcuno sciava per divertirsi. E’ di quell’anno la prima notizia sicura: sempre in Norvegia, il re Carlo IV organizza una competizione ufficiale.

E 41 anni più tardi, l’alpinista svizzero Adolf Kind fonda  il primo sci club d’Italia: Torino, anno 1901. E’ questo l’evento da cui ha preso le mosse “SciVolando sul Novecento”, la nuova iniziativa culturale che ripercorre la storia recente del solcar la neve. Unisce Madonna di Campiglio e Ziano di Fiemme, dona un contesto alle 2 loro massime competizioni: all’ombra del Brenta la 3Tre (“inventata” nel 1949, tappa di Coppa del mondo: non c’é gara italiana di sci alpino più risalente), ai piedi di Latemar e Lagorai la Marcialonga (dal 1971 a oggi riferimento internazionale per i fondisti). Due località, due kermesse. E da quest’anno anche 2 appuntamenti culturali, promossi unitariamente dai comitati delle 2 competizioni: “Scivolando sul Novecento” a Campiglio ha scandito ieri la vigilia della 3Tre, nel salone “Hofer” del Grand Hotel “Des alpes”. A Ziano arriverà invece il 29 gennaio, per riempire la sua Piazza Italia. Storia, sport, emozioni: nella località della Val Rendena l’epopea sciistica del Novecento é stata raccontata da Massimo Bernardini (su Rai 3 conduttore di “Il tempo e la storia”) e testimoniata da Giorgio Rocca (campione italiano di sci alpino) in compagnia di Gabriella Paruzzi (campionessa italiana di fondo); in Val di Fiemme, invece, sarà la volta di Paolo Mei (speaker ufficiale del giro d’Italia) e Claudia Morandini (ex atleta e commentatrice sportiva).

Sci alpino o sci alpinismo? Comode risalite in seggiovia e divertenti discese a tutta velocità, oppure sudati passi con le pelli di foca incollate sotto le lamine degli sci e millimetrici slalom tra alberi, rocce e slavine? E’ una questione di filosofia. O di stili di vita, se si preferisce. Certo è che lo scivolar sulla neve, dagli albori del mondo e fino a Novecento inoltrato, ha declinato l’eterno rapporto dell’uomo inerme al cospetto della montagna. Niente impianti, niente comodità. Ma solo “lunghi zoccoli di legno in punta ritorti all’insù”: nell’“Historia de gentibus septentrionalibus” (Storia dei popoli nordici) così descrive gli sci Olaus Magnus, arcivescovo di Uppsala e plenipotenziario del re di Svezia presso la Santa sede. Nulla di particolarmente originale, nelle parole almeno, se si considera che già nel V secolo avanti Cristo erano state vergate parole molti simili: lo storico greco Erodoto, parlando nelle sue “Historiae” dei popoli nordici, aveva infatti riferito della loro strana abitudine di spostarsi nella neve con “scarpe di legno”.

E chissà quanto sarà sembrato fuori da ogni umana comprensione, ai montanari del borgo torinese di Giaveno, veder scendere dal “loro” Alpetto il pioniere Kind: tradizione vuole che, vedendolo scivolare sci ai piedi, guance rosse e barba bianca, attorno al 1890, ebbero a urlare atterriti “il diavolo, il diavolo!”. Avevano invece pensato alla mano di Dio, i monaci del Gran San Bernardo: nel 1883, un norvegese di passaggio si era presentato al loro ospizio con un paio di sci, mostrando i "prodigi" di quegli attrezzi. Fatto sta che, dieci anni dopo, il monastero ne possedeva ben 12 paia. Nel 1936, la prima seggiovia arriva a Sun Valley (Idaho, Usa). A Madonna di Campiglio, 12 anni dopo. Collega il paese con il monte Spinale, quello stesso che nel 1910 era stato risalito a suon di pelli a olio di gomito dai primi “skiatori” inglesi avventuratisi in loco. Ed è bello, oggi, scivolare sulle loro orme. Risalire con le pelli quel dolce pendio, aggirarlo dalla conca di malga Fevri. E doppiare, dieci metri sopra il tuo capo, le telecabine 12 posti che volano dritte a 6 metri al secondo.

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