lunedì 6 agosto 2012
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Una medaglia d’oro per l’Emilia ferita perché non deve mollare mai. Arriva da Crevalcore, nel bolognese, cuore emiliano terremotato, ha 20 anni e in un giorno Jessica Rossi – faccia pulita, sul cellulare la foto del suo coniglio Cocco – ha vinto l’oro della fossa olimpica di trap (tiro al piattello) stabilendo il nuovo record mondiale con 99 centri su 100, poi il record olimpico, il record juniores e regalandoci il primo alloro della specialità nella nostra storia sportiva. Una finale memorabile in cui c’è stata gara solo per l’argento. Unica pecca, il quarto posto della sammarinese Alessandra Perilli. Sarebbe stata un’accoppiata perfetta.Il primo pensiero di Jessica Rossi dopo la vittoria alle Royal artillery barracks, che ha annichilito le avversarie – la seconda dopo lo spareggio, la slovacca Zuzana Stefecekova che ha bissato Pechino è finita a sei punti – è andato alla famiglia e a tutta la gente colpita dal sisma. Papà Ivan e mamma Monica sono stati sfollati per oltre due mesi, come tanti altri concittadini, e hanno vissuto in tenda, in giardino, perché la loro casa nella Bassa, a 35 km da Bologna, è stata danneggiata e i lavori di riparazione sono finiti giusto venerdì. Lei non sapeva che ieri mattina i suoi erano rientrati a casa ospitando 70 amici per vedere in tv la figlia stupire il mondo. Li ha sentiti mezz’ora dopo la vittoria e ha avuto una doppia gioia: la vita dei Rossi è ricominciata proprio nel giorno in cui Jessica ha vinto la medaglia dei sogni. Confida il fidanzato, il campione mondiale Mauro De Filippis, che prima della cerimonia d’apertura Jessica aveva un cruccio, indossare qualcosa che dimostrasse solidarietà ai terremotati. Poi si è convinta che la medaglia d’oro poteva andar bene lo stesso.«Io vengo da Crevalcore - ha detto con orgoglio - la dedica è per tutta la mia grandissima Emilia, che non deve mollare mai, come ho fatto io oggi. Anche i miei genitori sono stati colpiti dal terremoto. Li ringrazio per avermi sostenuto, dedico la medaglia a loro e a chi ha contribuito a farmi vincere». Come dicono dalle sue parti, in gara Jessica è una che “tiene botta” facendo con naturalezza e freddezza cose straordinarie. Ieri è stata quasi infallibile e quando il piattello veniva sparato da una macchina a 15 metri di distanza, che il vento può spostare ovunque, lo ha incenerito in una sequenza impressionante, sempre uguale. Ha sbagliato solo al 17° dischetto, un “piattellaccio” finito a sinistra, mentre le avversarie, tra le quali tre finaliste olimpiche di Pechino, di flop ne avevano già collezionati quattro. Ma lei ha ripreso a tirare e quando a 97 centri ha battuto il precedente record mondiale, ha esultato girandosi verso i tifosi in delirio. Poi di nuovo a sparare fino a quota 99 centri polverizzando ogni record. «Perché ne ho sbagliato uno, perché mi è venuto da ridere...», dice Jessica, che nella sua fulminante carriera di ragazza prodigio ha già vinto tutto tra titoli europei, nazionali e mondiali.Eppure il cecchino di ghiaccio fuori gara è una giovane solare e semplice, con il sorriso disarmante dei vent’anni. «Non mi emoziono mai in gara - ha aggiunto - questa finale l’ho preparata benissimo, non ho buttato via nemmeno un colpo. La sera mi addormentavo con il pensiero di andare a letto con la medaglia d’oro al collo. Quindi, non sono contenta: di più». Lo psicologo Roberto Re, suo “coach mentale” ha rivelato che ha lavorato per neutralizzare l’unico pericolo, il pubblico, cui non è abituata e che poteva deconcentrarla. Jessica ha cominciato presto in uno sport ritenuto per maschi perché babbo Ivan ha sempre avuto la passione per il tiro. «Mi lanciava un piattello quando avevo otto anni per farmi provare, quando me ne ha tirati due contemporaneamente e ho fatto centro, mi ha incoraggiata a proseguire».La carriera della bambina prodigio inizia a 12 anni, ma dietro l’oro c’è una vita di sacrifici e dedizione. Per anni i genitori l’hanno portata ogni giorno ad allenarsi a Conselice, nel ravennate, a un’ora d’auto. Jessica ha lasciato gli studi per la carabina, fa la poliziotta e con il premio olimpico vorrebbe comprarsi una casa, come molti giovani della sua età, per mettere su famiglia con Mauro. Da un anno vive a Ponso, nel padovano, vicina a un campo di tiro simile a quello londinese. L’oro l’ha preparato sparando 25 mila colpi l’anno e a 300 piattelli al giorno. Ha ribadito che «il nostro non è uno sport minore, portiamo le medaglie e siamo grandi». E adesso? «La mia vita continua come prima. Certo, la popolarità un po’ mi spaventa». Due i prossimi obiettivi di questa ventenne d’oro. Primo, arrivare alle Olimpiadi del ’32, ispirandosi alla Vezzali. Secondo, centrare il piattello numero 100. La perfezione.
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