lunedì 24 novembre 2014
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Nemmeno il freddo, che è appena sceso sui campi della Serie A, provoca i brividi al campionato. Un torneo sempre più spento, tiepidissimo come il derbyno di Milano. È tornato il “Mancio” sulla sponda interista e qualche scossa agli abulici ed opachi nerazzurri l’ha data (torna a segnare persino Obi), ma alla fine l’1-1 (unica perla il gol di Menez) conferma la pochezza di due formazioni che, in questo momento, di "grande" hanno solo il nome e la tradizione. Almeno in Italia, qualcosa di grande lo sta facendo vedere solo la Juventus formato Allegri che si illumina d'immenso quando si accende la lampada psichedelica di Pogba. L’airone francese, elegante e raffinato nelle movenze, come nelle conclusioni a rete, permette alla Juve capolista di passeggiare in allegria all’Olimpico dinanzi a una Lazietta. Sul 3-0 inflitto dai bianconeri alla ridimensionata formazione di Pioli (secondo ko di fila dopo quello di Empoli) c’è tanto di Pogba, che impressiona per giocate e maturità tattica. Un ventenne così la Nazionale di Antonio Conte non ce l’ha, ed è per questo che il ct dovrebbe piagnucolare, piuttosto che del poco tempo che gli viene concesso dai club per allenare lo scarso materiale tecnico di cui dispone. La Roma tiene il passo della Juve, ma fatica a compiere il blitz a Bergamo dove si rivedono le solite antipatiche canaglie-ultrà che richiedono il duro intervento (e le spese in surplus a carico dei cittadini) delle forze dell’ordine. Non cambia la storia sugli spalti e neppure in campo, dove dietro alle due sfidanti c’è il gelido vuoto. Il Napoli di Rafa Benitez non riesce a piegare il Cagliari di Zeman, sbilanciato, sfacciato quanto il suo nuovo bomber Farias e fedele ad oltranza alla legge dell’over (3-3 il finale del San Paolo). Teatrino napoletano degno di Eduardo: Don Rafa dopo aver incensato per tutta la settimana il suo collega boemo, come esempio di virtù e di calcio onesto e pulito (“Sul doping, Zeman aveva ragione!”, parola di Benitez), se la prende a male solo perché il filosofo Zdenek dalla sua panchina ha osato osservare: “A questo Napoli manca un regista”. L’onere del reperimento per il mercato di Natale passa al cinepresidente Aurelio De Laurentiis che di registi ne conosce, ma forse più da set che da campo di calcio. Intanto questa sera se il Genoa dell’alticcio portierino azzurro Perin (dopo lo stop all'alcol test lo vogliamo subito - come ha promesso - testimonial delle campagne contro l'alcolismo giovanile) batte il Palermo, il Grifone guidato da "Gaperson" Gasperini scatterebbe in terza fila assieme ai partenopei. Sarebbe anche il sorpasso nei confronti dei cugini della Samp che a Cesena non hanno inferto il morso velenoso tipico del loro presidente, il “Viperetta” Ferrero, e si sono accontentati del punticino. Anche l’Udinese di Stramaccioni si deve consolare con le "200 perle" in carriera a firma di Totò Di Natale, il “Gigi Riva” del Friuli che ha tagliato il traguardo storico delle duecento reti segnate. Per fortuna che c’è Totò, perché altrimenti questa Udinese, dopo un avvio sprint, non riesce più a piegare nemmeno le basse forze del torneo, come il Chievo, comunque rivitalizzato dalla cura Maran. Si rivede anche la Fiorentina che trascinata dal solito Cuadrado al Bentegodi manda al tappeto l’incostante Hellas Verona di Mandorlini che adesso deve guardarsi alle spalle dalle dirette concorrenti per la corsa-salvezza. Una maratona a cui è chiamato anche il Torino di Ventura che giovedì torna in Europa per affrontare i belgi del Brugge , ma prima deve smaltire il ko interno con il Sassuolo e i fischi della Curva che non perdona più le distrazioni dei granata. Fischi e sconforto anche al Tardini dove si sta assistendo all’agonia precoce del Parma di Ghirardi. Non mancano solo i soldi nelle casse del club emiliano (verrà penalizzato per gli stipendi non pagati ai calciatori), ma anche quel pizzico di fortuna per non incappare nell’ennesima figuraccia, la decima sconfitta stagionale in 12 gare, questa volta contro il fantastico laboratorio sperimentale dell’Empoli di Sarri. Un Parma così sembra già essere la prima vittima sacrificale destinata alla B, ma ci sono ancora 26 turni da affrontare e 78 punti in palio ed è lecito che il povero Donadoni continui ancora ad aggrapparsi alla speranza e a ribadire temerario: "Io non mi arrendo".
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