sabato 23 maggio 2015
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«Grazie Anna». Ti hanno accompagnata in migliaia, nella tua ultima corsa. Sulla stessa strada dove marciavi giovanissima e poi atleta mondiale, dove sei cresciuta e da cui non ti sei mai staccata. Un intero paese siciliano e tanti campioni dello sport si sono stretti alla tua famiglia per dire addio a una campionessa che «rimarrà nella storia dell’atletica e dello sport italiano, per sempre», come ti ha salutata il presidente della Federazione italiana di atletica leggera, Alfio Giomi. «Annarita ha vinto la sua ultima gara ed è salita sul podio del cielo», ha detto il tuo parroco, padre Pio Sirna, ai funerali. Quando San Giorgio di Gioiosa Marea, in provincia di Messina, e tutto il territorio, ti hanno detto addio. Addio ad Annarita Sidoti, 44 anni, campionessa europea e mondiale chiamata per il fisico minuto «lo scricciolo d'oro» da un altro siciliano dello sport, Candido Cannavò. Madre di tre bambini, dal 2009 ha combattuto contro il cancro «come una leonessa», dice chi le è stato accanto, trovando anche la forza di raccontare pubblicamente la sua vicenda: nelle scuole, ai giovani, a ogni uscita pubblica. Lo «scricciolo» era un gigante: nello sport e nella vita. «Forza Anna». Quante volte l'ho pensato, quando dal finestrino ti vedevo correre sulle nostre strade. Con il freddo, con il caldo, la pioggia o il sole di agosto che accecava noi e i villeggianti ma non te: tacco punta, tacco punta, tacco punta... Da San Giorgio a Mongiove, aderente al ciglio dell'asfalto, là dove non esistono marciapiedi o ciclabili, e dovevi condividere con le auto che sfrecciavano il tuo bisogno di marciare. Da sola o affiancata in bicicletta dal tecnico della Tyndaris Pattese, Salvatore Coletta, quando faceva buio presto, e la strada diventava pericolosa.Eri, per chi non ti conosceva, chidda chi ccamina. Poi sono arrivate le medaglie: nel 1990 "quella che camminava" ha trionfato agli Europei di Spalato nella 10 km di marcia. Poi ai Mondiali di Atene nel '97, e a Budapest l'anno dopo. E all'indomani di quelle vittorie, con gli striscioni di bentornata ancora appesi ai balconi, ti si rivedeva sempre lì, tacco punta, sulla Statale 113. «Ogni centimetro di quella strada parla di lei» ha detto qualcuno ai funerali. Fuori dalla chiesa dello Spirito Santo di San Giorgio ti ha salutata l'Inno di Mameli che ci hai fatto cantare attaccati alla tv. Hanno sventolato i tricolori come quando venivi festeggiata, in quelle estati lontane. «Dopo i successi, Annarita è rimasta sempre se stessa - ha ricordato padre Pio nell'omelia -: non ha fatto rumore, ha fatto il suo dovere». Specialmente negli ultimi anni, al fianco di tre figli ancora piccoli, sempre con il sorriso nonostante la battaglia da combattere contro la malattia, più dura di qualunque olimpiade, di qualunque infinito allenamento. Solo un mese fa, a Pasqua, hai voluto partecipare al rito dei Sepolcri, appoggiandoti sulle stampelle. La tua pagina Facebook racconta un po' della tua vita di mamma e di moglie. E a Facebook tuo marito Pietro, medico, ha affidato il suo addio, con le più belle parole di Eugenio Montale: «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale...». Addio minuscolo puntino che si vedeva da lontano, proprio come le stelle. Vorrei avertelo urlato davvero «forza Anna!», non dal finestrino nei nostri vent'anni assolati, ma oggi, da mamma a mamma, nella tua marcia più difficile.
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