sabato 12 marzo 2016
Sandro Damilano: Italia, rimettiti in marcia
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La marcia è una famiglia. E Sandro Damilano è il capo famiglia. Classe 1950 è il fratello maggiore di Giorgio e Maurizio che insieme hanno scritto pagine storiche dell’atletica italiana negli anni ’70’ e ’80. Sandro che è allenatore consumato, prima dei suoi fratelli, poi di campionissimi plurimedagliati quali Elisa Rigaudo, Erica Alfridi, Rossella Giordano, Giorgio Rubino e Alex Schwazer. Sì, anche dell’altoatesino oggi squalificato per doping. Ha smesso di allenarlo nel 2010, ma l’ha conosciuto e fatto crescere da ragazzino acerbo fino a portarlo alla gloria dell’oro olimpico della 50km di marcia a Pechino 2008. Per decenni siamo stati i migliori al mondo, anche se dal 2011 Damilano vive tra la Cina e Saluzzo in provincia di Cuneo. La federazione italiana l’ha perso e lui è diventato commissario tecnico del settore marcia della nazionale cinese e allena atleti come Wang Zhen, Wang Hao e Liu Hong primatista mondiale della 20km.Sandro, più che una fuga all’estero è una importazione di talenti?«È un’unione d’intenti. Trascorro in Cina solo due periodi da venti giorni all’anno. In occasione delle loro gare nazionali, per il resto è il mio gruppo di atleti che vive e si allena qui a Saluzzo. Ho portato i cinesi sul tetto del mondo, l’anno scorso ai mondiali sono arrivati in cinque tra i primi otto e deteniamo record mondiali».Le Olimpiadi di Rio saranno la consacrazione definitiva?«Speriamo in almeno due medaglie, stiamo lavorando duro e meglio di così non si può fare».Più bravi i marciatori italiani o i cinesi?«È tutto diverso. In Cina c’è un potenziale numerico enorme. Fanno attività nelle scuole, sono migliaia e ce ne sono almeno cinquanta di livello nazionale. Hanno uno spirito di sacrificio in allenamento enorme, è facile trovare chi può ambire a medaglie olimpiche o mondiali. In Italia mi spiace dirlo ma con i numeri stiamo decisamente calando anche se ci salva la tecnica».Nella marcia la tecnica è fondamentale. Ma forse oggi conta di più il fisico…«Da direttore tecnico in Cina ho insistito affinché s’imparasse il corretto gesto tecnico. Sono di vecchio stampo e credo sia ancora il segreto per vincere. Nella tecnica ci sono due componenti: riuscire ad attenersi al regolamento e marciare puliti e fluidi. Solo questo ti permette di risparmiare energie e quindi andare più forte».L’Italia è stata la capitale mondiale della tecnica di marcia?«Negli anni ’90 e 2000 abbiamo dominato il mondo grazie alla perfezione del gesto tecnico del tacco punta. Oggi è ancora buono ma non è curato come una volta».Infatti Eleonora Giorgi la nostra più forte ai mondiali 2015 è stata squalificata dai giudici in gara. Perché?«Eleonora è forte fisicamente e di testa, ma la sua tecnica è migliorabile. Devono lavorare su quello con lei. Ma nelle otto mondiali finaliste olimpiche inserisco lei e Antonella Palmisano. Poi tre russe e tre cinesi. Anche la Rigaudo potrà dire la sua».Mettiamola così allora. Uno sprint finale alle Olimpiadi tra una sua atleta cinese e una della nazionale italiana. Professione o cuore italico, per chi tifa Sandro Damilano? «Se la marciatrice cinese è allenata da me non posso che tifare per lei. Se invece è “solo” cinese, il cuore batte sempre per l’Italia».Chi sono i migliori marciatori al mondo?«Discorso doping a parte, la Russia è quella che esprime forza e potenza, il Messico l’agilità, l’Italia è in mezzo, siamo ancora tra i migliori ma siamo in declino».Tornerebbe a guidare l’Italia dopo l’esperienza cinese?«Dico la verità: sono un po’stanco. In Cina mi hanno già chiesto di rinnovare il contratto per il dopo Olimpiadi, ma ho preso tempo. Dopo decenni di allenamento devo trovare gli stimoli giusti per continuare».Quali possono essere gli stimoli giusti?«Magari trovare un ragazzino giovane, scoprirne il talento, credere in lui e farlo crescere fino a portarlo all’eccellenza. Un po’ come feci con Alex Schwazer. Ho chiesto di non seguire più il massimo livello ma di lavorare di più a contatto con i giovanissimi. In questi anni alla federazione cinese ho già imposto un metodo che permette di individuare probabili campioni senza spremerli e disperderli. Hanno quantità, non sempre diventa qualità».Con Alex oggi squalificato ha vinto l’oro olimpico. È favorevole al suo rientro?«In generale penso che se un uomo ha scontato la sua pena può e deve essere reintegrato. Ma ora sono sette anni che penso e vivo in modalità cinese e dunque resto esterno alle vicende italiane. Alex ha fatto tanto male alla marcia italiana, ma prima del 2010 finché l’ho allenato io non è stato trovato alcunché e nessuno ha messo seriamente in discussione gli anni in cui vinceva».Marcia uguale a doping?«Da anni nel nostro mondo si sospettava e si mormorava della Russia. Per loro è un brutto colpo ma hanno esagerato e sono anche molto arrabbiato perché diversi miei atleti hanno perso medaglie arrivando alle spalle di russi dopati».In Cina esiste il doping nella marcia?«Credo di no. C’è molta attenzione e io nel mio contratto ho una clausola che posso agire per vie legali contro la Federazione cinese per tutelare la mia immagine nel caso trovino atleti dopati. Nel gruppo che lavora con me a Saluzzo potete star certi che non c’è nulla, ovvio che non posso controllare chi vive e si allena in Cina e non è sotto la mia diretta responsabilità e guida».Ma di chi è la colpa quando un atleta decide di doparsi?«Dà fastidio sentire che è dell’allenatore. Per me è sempre colpa dell’atleta. Ma poi nella marcia a cosa serve? Ci sono talmente pochi interessi economici, nessuno è mai diventato ricco con la marcia. E poi rende molto di più una buona tecnica, quella sì che ti fa vincere le gare».
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